Erano le 20:59 del 27 giugno 1980 – sono trascorsi 40 anni – quando l’aereo Douglas Dc-9 Itavia partito da Bologna e diretto a Palermo, inviò il suo ultimo segnale all’Aeroporto di Roma Ciampino. Poi scomparve dai radar e si inabissò nel
Tirreno con a bordo 81 persone (41 uomini, 25 donne, 15 minorenni), di cui tre originari di Marsala (Carlo Parrinello, Francesca Parrinello e Vito Fontana), a più di cento chilometri da Ustica: per questo il fatto è entrato nella cronaca e
nella storia come ‘la strage di Ustica’. I corpi di 43 persone non sono mai stati ritrovati, mentre nei giorni successivi alcuni resti dell’aereo affiorarono in un’area marina estesa per circa mille chilometri quadrati. Il 18 luglio, tre settimane dopo,
furono individuati in Calabria i resti di un Mig-23 dell’Aeronautica militare libica e del suo pilota.
Ustica, isola antichissima, i cui primi insediamenti risalgono al Paleolitico, è rimasta per sempre legata alla memoria di questa strage. Durante il regime fascista, qui furono messi al confino diversi oppositori politici, fra cui Filippo Turati, Ferruccio Parri, Carlo e Nello Rosselli, Randolfo Pacciardi, alcuni dirigenti del partito comunista fra i quali Amadeo
Bordiga e Antonio Gramsci. E’ strano come i luoghi rimangano talvolta associati, nell’immaginario collettivo, solo ad alcuni degli innumerevoli fatti che hanno caratterizzato la loro storia. E’ su questo parziale e insufficiente rapporto fra la
memoria e la realtà che vuole far riflettere Jacob Balzani Lööv, con una mostra fotografica che sarà esposta a Monopoli dal 7 agosto al 1 novembre 2020, nell’ambito di PhEST – Festival Internazionale di Fotografia e Arte. Articoli di giornale, foto d’archivio, ma anche immagini del presente: “A quarant’anni dalla strage – ha affermato Lööv – vorrei ricordare tutte le vittime e restituire a Ustica il suo significato originario di isola”.
Ma, oltre l’arte, continua a premere il dolore e la richiesta di verità. Come altre stragi, anche quella di Ustica rimane avvolta nelle nebbie del dubbio e del mistero. Cedimento strutturale? Incidente aereo? Esplosione di una bomba
all’interno del velivolo? Collisione con un caccia militare? Abbattimento da parte di un missile? Nel corso degli anni sono state avanzate – come è noto – le ipotesi più varie.
La sentenza del 10 gennaio 2007 della prima sezione penale della Cassazione ha assolto i generali dell’Aeronautica militare Franco Ferri e Lamberto Bartolucci dall’accusa di depistaggio. La giustizia civile, intanto, ha condannato i
Ministeri italiani dei Trasporti e della Difesa a pagare risarcimenti ai familiari delle 81 vittime della strage e, con una sentenza dello scorso 20 aprile, anche agli ex-proprietari dell’Itavia, nel frattempo fallita.
Ma della reale dinamica dei fatti, ancora nessuna traccia.
Nei giorni scorsi è stata ripulita dai tecnici Rai e pubblicata da Rainews 24, la traccia audio, poi acquisita agli atti della Procura di Roma, tratta dall’ultima parte della registrazione contenuta nella scatola nera del Dc-9. Dal file audio è
emerso che uno dei piloti, pochi istanti prima che Ciampino perdesse il contatto con il volo Itavia, pronunciò la frase ‘Guarda cos’è?’. “Abbiamo inserito questa frase accanto al tracciato radar, unico documento salvato dalla distruzione
totale delle prove, – ha affermato Daria Bonfietti, Presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di
Ustica, presentando le iniziative per il 40° anniversario – convinti che in questi due elementi si possa individuare la verità
sulla strage di Ustica”. Finora, di quel brevissimo audio si conosceva solo la parte iniziale (“Gua”). Dopo la “ripulitura”
tecnica della traccia sarebbe possibile sentire anche il seguito: “Guarda cos’è?”.
Ad oggi rimane ancora aperta l’inchiesta della Procura di Roma, coordinata dai pm Erminio Amelio e Maria Monteleone.
Nel Museo per la Memoria della strage di Ustica, intanto, il relitto inquietante del Dc-9, nonostante le 5000 pagine di
perizie tecniche effettuate, continua a nascondere i segreti e la verità di un’ennesima tragedia irrisolta.
F.S.