Continua in un crescendo di successi e in un’agenda sempre più ricca di appuntamenti, la presentazione al pubblico dell’ultimo libro di Lorenzo Nigro: “I genî di Mozia” (Edizioni ‘Il Vomere’).
Oggi 29 luglio alle 19 al Circolo Canottieri di Marsala, dopo i saluti del Presidente della Società Canottieri dottor Tommaso Angileri, della Direttrice del Vomere Rosa Rubino e del Luogotenente dei “Fratelli della Costa – Tavola di Mozia”, l’autore dialogherà con Piero Pellegrino per spiegare la bellezza avvincente di un romanzo che attraversa i generi narrativi per conquistare l’attenzione e l’emozione dei suoi lettori.
Ambientato nell’Isola di San Pantaleo e dedicato allo ‘spirito dei luoghi’ su cui si fonda l’identità di ogni individuo, il romanzo è risultato vincitore del ‘Premio MicroEditoria di qualità 2021’, insieme al primo dello stesso autore,“Gerico. La rivoluzione della Preistoria” (che ha ricevuto una menzione speciale da parte della Giuria).
C’è la storia, ma anche la suspense di un intreccio giallistico al centro del libro che vede come protagonista l’antica isola posta nello Stagnone di Marsala a 800 metri di distanza dalla punta occidentale della Sicilia, cui l’autore, Docente di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico e di Archeologia Fenicio-Punica all’Università La Sapienza di Roma, ha dedicato molti anni della sua attività. A dominare le pagine del romanzo è però, soprattutto, l’atmosfera di un luogo d’incanto, capace di rapire l’anima di chi percorre i suoi sentieri in una dimensione sospesa fra la realtà e il sogno, la storia e il mito: “un insieme di immagini e sensazioni – scrive – che sono un’approssimazione molto vicina a quello che vorremmo fosse il paradiso – dove la pace, il calore e la luce ci avvolgono e ci proteggono”. Ma l’impulso da cui ha origine il plot è autenticamente storico perché tutto ruota intorno al tesoro garibaldino di cinque milioni di ducati d’oro, trafugati a Ferdinando II il 31 maggio del 1860 e quindi nascosti per non essere mai più ritrovati. Il mistero allaccia dunque i suoi fili al percorso accidentato e tortuoso della storia, approdando da Palermo alla Mozia di Joseph Whitaker, che acquistò l’isola alla fine dell’Ottocento. E l’ipotesi che tormenta ed entusiasma, pagina dopo pagina, la missione di scavo guidata dal Prof. Lorenzo Nigro è che il tesoro sia stato trasferito da Palermo a Mozia nel 1890, quando la Sicilia cominciava ad infiammarsi con le insurrezioni e i primi moti socialisti: un’atmosfera troppo tesa per preservare la sicurezza e l’integrità dei cinque milioni di ducati. Ad aiutare il Prof. Nigro nelle indagini saranno persone in carne e ossa, ma anche e soprattutto loro, i jinni, i genî del passato che continuano a vivere sull’isola e a parlare con chiunque sappia vederli e ascoltare la loro voce.
“Ogni luogo ha i suoi genî. – dichiara l’autore nell’introdurre il lettore nel cuore della sua narrazione – Questa è la storia dei genî nascosti di Mozia, di come li ho incontrati e di ciò che in quelle magiche notti stellate mi hanno raccontato. La storia di quando ho visto una rossa stella cadente e il mio cuore ha pianto”.
Al centro del romanzo, dunque, c’è la forza e la potenza di un messaggio che l’autore non si stanca di consegnare ai suoi lettori: il presente vive di un ‘passato che non muore’. Perché la verità è che la ricerca del tesoro garibaldino rappresenta una straordinaria metafora per alludere a un’altra ricerca che gli uomini non dovrebbero interrompere mai: quella della tradizione, delle radici e della storia, “capaci di arricchire qualsiasi anima – spiega l’autore – attraverso la conoscenza, la cultura e la cura della memoria”.
Federica Sbrana