Uno sciopero di 48 ore dei giornalisti della principale Agenzia di stampa italiana ha riproposto il tema dell’assetto complessivo della nostra editoria. La tarda sera di giovedì scorso, 14 maggio, i giornalisti dell’Agenzia Ansa, al termine di una lunga assemblea, hanno proclamato 48 ore di sciopero nelle giornate di venerdì e sabato, cosa che ha bloccato il flusso di notizie dell’unica Agenzia stampa internazionale italiana. Questa decisione merita essere raccontata e spiegata perché consente un breve ragionamento sullo stato dell’informazione nel nostro Paese.
La decisione dell’assemblea dei giornalisti Ansa, solitamente assai riflessiva nelle sue deliberazioni, è giunta dopo l’inaspettata comunicazione da parte dell’amministratore delegato, il dott. Stefano De Alessandri, che l’azienda avrebbe chiesto per i propri giornalisti la Cassa integrazione Covid per quattro giorni al mese; questa è uno strumento messo in campo dal governo con il decreto Cura Italia per le aziende entrate in crisi con il coronavirus, che implica un accordo tra l’azienda e la rappresentanza sindacale; la minaccia ulteriore di De Alessandri è stata che se il Comitato di redazione (Cdr), cioè l’organismo sindacale interno, non avesse accettato di trattare, l’azienda avrebbe proceduto unilateralmente con la richiesta della Cig ordinaria. Ho parlato di comunicazione inaspettata perché in questo periodo l’Ansa lavora a pieno regime e sta vendendo il proprio “prodotto”, cioè notizie e informazioni, come non mai, con un boom di accessi al proprio sito, oltre che con il buon andamento del notiziario distribuito a Tv, giornali, riviste, siti internet, radio, aziende e utenti professionali.
Giovanni Inamorati