Pubblichiamo l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2021-2022 della Sapienza Università di Roma
Ho chiesto alla Magnifica Rettrice il consenso per poter rivolgere un saluto a tutti i presenti, particolarmente alle studentesse e agli studenti di questa Università, al Corpo docente, al personale tecnico e amministrativo. E ringrazio il Dottor Foti di aver portato qui la voce di questa componente preziosa di questo Ateneo, come di ogni altro ateneo. Ringrazio la rappresentante degli studenti, rappresentati magnificamente da Malila Nazari.
La presenza di tante autorità – che saluto con grande cordialità – del collegio cardinalizio, delle nostre istituzioni – del Parlamento, del Governo, della Corte costituzionale, la presenza di Magnifici Rettori di altri atenei, sottolineano il prestigio e l’importanza che si annette a questa Università, con tanti secoli di storia culturalmente importante che ha prodotto, e continua a produrre, segnata da tante figure illustri di docenti e studenti di questo Ateneo, con alcuni premi Nobel, il più recente dei quali quello, quest’anno, al Professor Parisi. Conferimento che è stato, ed è, motivo d’orgoglio per il nostro Paese, per l’Italia.
Orgoglio che ho voluto esprimere conferendogli la Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica, ringraziandolo per il prestigio recato al nostro Paese.
In questa occasione così importante vi è quindi una quantità di significati di questa cerimonia. Accanto a quella, ovviamente, preminente di apertura dell’Anno accademico, quella di rendere omaggio al Professor Parisi, vi è anche un altro elemento che vorrei sottolineare: l’orgoglio del nostro Paese per avere la prima donna Rettrice dell’Ateneo più grande d’Europa.
Vorrei aggiungere, se mi è consentito, un ulteriore significato di carattere personale che mi riguarda. Perché, a poche settimane dalla conclusione del mio ruolo, delle mie funzioni di Presidente della Repubblica, mi consente di tornare alla Sapienza dove ho studiato.
Venendo qui, ripercorrevo con la memoria l’elenco dei docenti che ho avuto oltre mezzo secolo fa. Non posso nominarne nessuno, citarne alcuno perché, in quelle che allora erano le ventuno discipline del piano di studi, sono pressoché tutti nomi di altissime figure della storia del diritto. Dalle materie codicistiche a quelle specialistiche, a quelle storiche, a quelle economico-finanziarie insegnate in Facoltà.
Conservo il verbale della mia laurea con le firme di Carlo Esposito, Relatore, e Francesco Calasso, Preside di Facoltà. È una storia, quella di questo Ateneo, di grande prestigio. E in quegli anni ho respirato, appunto, questa storia, giovandomene come tanti miei colleghi di allora e come avviene oggi per gli studenti e le studentesse di questo Ateneo.
Credo che la Rettrice e il Professor Parisi siano accordo se per queste brevissime considerazioni parto dalle parole conclusive di Malila Nazari. Nel suo testo è scritto, e lei ha detto poc’anzi: “Non abbandoniamo mai – se non ricordo male – la possibilità di coltivare la prospettiva di sempre nuove possibilità”.
Questo è un criterio di grande saggezza, che ha mosso la giovane generazione afgana, in questi anni, per trovare spinta per la cultura e per i diritti civili, strada che speriamo possa essere ripresa prossimamente.
Ma è un principio, un criterio, che è sempre stato di grande importanza nella storia dell’umanità.
Il Professor Parisi, poc’anzi, ci ha ricordato come siamo in epoca di grandi cambiamenti. Particolarmente in questo periodo, quindi – come è sempre stato – la disponibilità, l’attitudine, la volontà e il desiderio di ricercare sempre nuove possibilità è di grande importanza.
Ci ha ricordato il Professor Parisi, poc’anzi, come la società sia permeata dai risultati della ricerca e della scienza.
In questo periodo, così aperto ai cambiamenti, così contrassegnato da sfide nuove e ignote, ma anche da sfide prevedibili e trascurate nel corso del tempo, quello che ci soccorre e di cui abbiamo bisogno è il valore che la Rettrice ha messo al centro della sua relazione: la responsabilità.
E questo è tempo di responsabilità. Delle università, delle istituzioni, delle realtà sociali, di tutti i singoli cittadini. Quella responsabilità che la Rettrice ha così ben coniugato per quanto riguarda la dimensione universitaria, come la responsabilità di tenere insieme, collegare e coniugare l’eccellenza con l’inclusione. Quella che consente di far esprimere talenti che altrimenti rimarrebbero inespressi.
La responsabilità – come ha detto la Rettrice – di sostenere, di promuovere costantemente il rapporto tra fiducia e sapere. Quel rapporto per cui, appunto, la nostra società – come la Rettrice stessa e il Professor Parisi hanno detto, poc’anzi – registra che la vita quotidiana è contrassegnata costantemente, anche se in maniera non sempre consapevole, dai risultati che la scienza propone, attraverso la ricerca, attraverso la fatica e l’impegno della ricerca, i tentativi della ricerca, qualche volta anche il caso, che nella ricerca aiuta. Ma, come diceva Louis Pasteur, il caso aiuta soltanto una mentalità già preparata.
Questo è quello che contrassegna il ruolo dello studio, della ricerca, degli atenei nel nostro Paese.
Il Professor Parisi, poc’anzi, ci ha esortato, con la bella Lectio per la quale lo ringraziamo molto, al valore della cultura: attribuire alla cultura il prestigio, il valore, il credito e il peso che nella realtà riveste e che non sempre le viene riconosciuto. E ha sollecitato gli scienziati a due strade, a due strumenti: la spiegazione e l’accettazione dei propri limiti.
Sono due sagge considerazioni, che peraltro riguardano non soltanto gli scienziati ma qualunque realtà della convivenza. Riguardano anche le istituzioni.
Vede, Professore, qualche tempo fa, al Quirinale uno studente mi ha chiesto come è possibile per chi esercita potere – per usare un termine un po’ brutale – non farsene condizionare, sostanzialmente non farsene catturare.
La mia risposta è stata che vi sono – per fortuna – nelle istituzioni, per coloro che rivestono ruoli primari, di carattere istituzionale, diversi strumenti: l’articolazione delle funzioni fra organismi diversi, la temporaneità degli incarichi. E, infine, un ingrediente che ha un titolo efficace: una buona dose di autoironia. Una capacità adeguata di ironia su se stessi consente di mantenere quel distacco che rende sempre autentico, e non alterato, il rapporto con la responsabilità.
E questo vale – lei ha detto per la scienza – ma vale per tutti. Ed è un suggerimento di grande saggezza che va raccolto.
Ma vorrei anche rassicurarla, Professore, perché il periodo di sottovalutazione del peso del ruolo della scienza mi pare, quantomeno in Italia, chiuso fra parentesi, dopo l’esperienza di questa emergenza che abbiamo attraversato, che a tutti ha fatto percepire il valore, l’importanza, l’indispensabile credito da conferire alla scienza.
Fare le vaccinazioni non è stato soltanto lo strumento che ci ha difeso, ci ha salvato letteralmente. Ci sta consentendo, in questa violenta quarta ondata del contagio del Covid – che sta mettendo in grande difficoltà anche grandi Paesi tradizionalmente ben organizzati – di contenerne l’offensiva, i danni e i pericoli.
Ma le vaccinazioni sono state anche, in fondo, una sorta di referendum sulla scienza. L’altro ieri sera, trentasei ore fa, avevano fatto ricorso alla vaccinazione, decidendo di sottoporvisi, l’87% dei nostri concittadini sopra i 12 anni. Se a questo aggiungiamo quelli che non possono farla per motivi sanitari, o quelli di recente guariti dal Covid, siamo al 90%, più o meno.
Quindi questo referendum sulla scienza, e sul suo valore, in Italia, vede 9 a 1 a vantaggio della scienza. Ed è una delle caratteristiche che segnalano il senso di responsabilità per cui dobbiamo essere riconoscenti ai nostri concittadini e che ha messo l’Italia, in questo periodo, all’avanguardia nella considerazione positiva della comunità internazionale.
Vorrei anche rassicurarla, Professore, sull’agricoltura biodinamica di cui ha parlato. È una questione che sta nel Parlamento e io notoriamente non posso pronunciarmi. Ma posso ben dire, perché diventasse legge, che vi sono alcuni altri passaggi, anche parlamentari anzitutto, che rendono lontana questa ipotesi.
Ma c’è un dato che vorrei presentare per contribuire a darle qualche rassicurazione. Giorni fa, come è mio compito, ho firmato l’autorizzazione a presentare in Parlamento il disegno di legge di bilancio, che il governo ha definito e predisposto – strumento del governo – e, per il versante della cultura, sono previsti, in quel bilancio, quasi quattro miliardi di euro. E il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza includa la cultura tra le sei grandi missioni assegnate al Paese, prevedendo un plafond risorse di quasi sei miliardi di euro.
Possiamo, cioè, sperare con fiducia nella consapevolezza del valore della scienza, anche nella vita istituzionale, in maniera da potere fare nostra quella splendida citazione che lei poc’anzi ha fatto, Professor Parisi, di Robert Wilson. Dire che si possa fare quello per cui vale la pena è contribuire alla vita comune.
Grazie e buon Anno accademico.