Agosto 2001.
Giacomo Rallo sa che io sono un ammiratore di Franco Battiato. Parlammo di lui durante un viaggio in aereo.
“Alfredo”- mi chiama al telefono – “Battiato terrà un concerto a Pantelleria il cui ricavato verrà devoluto al Comitato per l’istituzione della Riserva marina e per la tutela della foca monaca di Pantelleria. Noi di Donnafugata abbiamo aderito al progetto e siamo tra i partner. Vorresti venire a vederlo?”
“Pure a nuoto” risposi. “Che devo fare?”.
“Dammi i dati per il tuo biglietto aereo, e insieme a Josè partirete per Pantelleria”.
Superfluo dire che Giacomo non si fece mai rimborsare i soldi del biglietto.
A finanziare l’iniziativa parteciparono, fra gli altri, Giorgio Armani, la Vodafone, la compagnia aerea “Gandalf” e la Croce Rossa Italiana.
Mi ospitarono insieme ad una giornalista di “Repubblica” in contrada Ghirlanda, dove c’era la Cantina e una accogliente casa in mezzo al vigneto.
Il pomeriggio incontrammo Franco Battiato e Manlio Sgalambro in una bellissima villa (credo di proprietà della famiglia Grado) e lì la sera si tenne una cena in onore del Maestro, alla quale parteciparono autorità politiche, imprenditori, artisti famosi. Insomma, i vip dell’isola.
A fine cena, con una bottiglia di Ben Rye e due calici, mi avvicinai a Manlio Sgalambro che tutta la sera se ne stava seduto da solo, su una panchina, a guardare il mare e la vicina Africa.
“Maestro, posso farle assaggiare del passito?” gli chiesi.
Non parlò. Chinò solo il capo.
Mentre versavo il vino, vidi Battiato venire a passo veloce verso di noi. Un po’ preoccupato mi chiese cosa volessi da Sgalambro. Gli risposi mostrando la bottiglia di Ben Rye che era l’ultima rimasta e volevo avere il piacere di farlo gustare al Filosofo.
“Gentilissimo” mi rispose, e si fermò con noi.
Io riempi i due bicchieri e glieli porsi.
“E lei? Non beve con noi?” mi interrogò Battiato.
Andai a prendere il bicchiere e quando arrivai – con mio grande stupore – notai che non avevano assaggiato una goccia di vino. Aspettarono me e insieme alzammo i calici.
“E’ un nettare” commentò Battiato.
“E’ il Ben Rye di Donnafugata”, gli risposi.
Fu l’occasione, quella, per parlare con il Maestro. Gli dissi che ero un suo “fervente” ascoltatore e ogni volta che usciva un suo album io compravo sia l’LP che la cassetta stereo sette: per ascoltarlo sia a casa che in macchina.
“Quanti soldi ha speso?” mi disse abbozzando un sorriso.
“Soldi benedetti” gli risposi.
Gli chiesi se lui avesse frequentato il Liceo a Marsala.
Mi rispose un po’ seccato che non c’era un comune della Sicilia che non lo reclamava come alunno o alle elementari o alle medie o al liceo. Solo, si ricordò di Marsala perché da giovane era stato a Mozia.
Gli raccontai la storia di mio cugino Ezio, un bambino di 11 anni che rimase più di un mese in stato di coma profondo a causa di un incidente stradale nell’estate del 1982. I medici del Civico di Palermo, allora, ci dissero che per stimolarne il risveglio sarebbe stato utile parlargli e fargli ascoltare della musica con il walkman.
Quando Ezio – ringraziando Dio – si svegliò dal coma, i medici dandoci la bella notizia erano un po’ imbarazzati nel dirci che il bambino, nonostante avesse ripreso tutte le sue funzioni, diceva delle frasi sconnesse: “il senso del possesso che fu pre-Alessandrino” o addirittura che “c’è chi si mette degli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero”.
“Colpitu arristau?” fu la prima reazione preoccupata dei parenti.
Con le lacrime agli occhi per la gioia, confessai ai medici che avevo “sparato” in cuffia, ogni giorno, con una media di 8 ore al giorno, tutte le canzoni degli album “La voce del padrone” e “ L’era del cinghiale bianco”.
“Povera creatura! E adesso come sta?” mi disse Battiato, con la sua voce di seta (cit. Marco Travaglio).
“Benissimo. Ezio è diventato un suo ammiratore e suona bene la chitarra”.
Dopo cena, seduti vicino, assistemmo ad uno spettacolo di danza. Ad esibirsi una ballerina algerina di nome Sabah Benziadi.
Mentre qualcuno dietro di noi parlava di danza del ventre, Franco Battiato mi disse che Sabah è una bravissima artista, e quella era una seria danza orientale e non una volgare danza del ventre che vedi nei villaggi turistici. Mi spiegò il rito della desertificazione quando Sabah distesa a terra faceva cadere dalle sue mani la sabbia.
Da quella sera, Franco Battiato la volle con se per farla esibire nei suoi concerti.
A fine serata, quando ci salutammo, Battiato mi invitò ad assistere alle prove del Concerto che avrebbe fatto l’indomani sera ai “Capannoni Nervi”. Quando gli dissi che purtroppo non avevo un mezzo per raggiungere il campo dove si teneva il concerto, lui mi trovò un passaggio in macchina e, alla fine delle prove (era circa mezzanotte), mi fece riaccompagnare a casa in contrada “Ghirlanda”.
Qualche anno dopo rividi Franco Battiato a Santa Maria di Licodia e grazie al mio amico Giovanni Contino, direttore di produzione, insieme a mia moglie Gabriella, il pomeriggio assistemmo da soli, allo stadio, alle prove del concerto che il Maestro tenne quella sera alla presenza di circa ventimila persone.
Andai a trovarlo, in camerino, per salutarlo.
“Si ricorda di me?”
“Lei è quello del passito” mi disse.
Sì. Il Ben Rye di Donnafugata.
Alfredo Rubino
P.S. Anche a mio padre piaceva ascoltare le canzoni di Battiato in macchina insieme a Gabriella, allora mia fidanzata, quando i sabato pomeriggio facevamo delle passeggiate sul lungomare dello Stagnone di Marsala.
Mio padre Riccardo Rubino, classe 1904.
Nella foto: L’allora Sindaco Lorenzo Carini sfoglia, davanti a Franco Battiato, il volume Marsala l’Antica edito da Il Vomere.