Una vendemmia di ottima qualità che porterà alla nascita di vini importanti. E’ questo il parere dei tre enologi di Cantine Pellegrino, una delle aziende più longeve della storia del vino siciliana, che proprio quest’anno festeggia i 140 anni di vita. Vini bianchi e rossi, passiti e moscati di Pantelleria e Marsala costituiscono la ricchezza della produzione Pellegrino, le cui cantine, situate nella provincia di Trapani (Cardilla per i vini bianchi e rossi, Pantelleria per i passiti e i moscati, Marsala per l’omonimo vino e i liquorosi), vantano una eterogeneità di vigneti e zone vitate che consente la raccolta delle migliori uve autoctone, selezionate nelle zone più vocate per ogni singola varietà, e che sono quindi il presupposto per la creazione di grandi vini. Tre territori, tre cantine e tre enologi, che con competenze specifiche, riescono ad estrarre da ogni vitigno le più alte espressioni qualitative per produrre vini eleganti, raffinati e strutturati.
Le vendemmie delle Tenute di Famiglia, nella Sicilia occidentale, l’area più vocata dell’isola.
La provincia di Trapani è l’area più vitata d’Italia e la più vocata per vini di grandissima qualità: in questo lembo di Sicilia sorgono le Tenute di Famiglia Pellegrino, quattro aree diversissime, ciascuna con una vocazione specifica. Tutta la produzione dei vini bianchi e rossi è curata dalle sapienti mani di Gaspare Catalano, da più di trent’anni al servizio della famiglia Pellegrino. Catalano è stato il primo enologo in tempi non sospetti a credere nelle potenzialità del Grillo vinificato in purezza, quando questa varietà era utilizzata unicamente per la produzione di Marsala.
Delle quattro tenute, Kelbi, detto anche giardino rigoglioso, è il feudo più antico dove sia mai stato prodotto del vino. Si tratta di 18 ettari di vigneti posizionati su un altopiano calcareo che prende il nome dalla dinastia araba che rese florida la terra di Sicilia. Queste terre sono la massima espressione del Catarratto, da cui nasce un vino bianco elegante, floreale e fruttato. Oltre a questa varietà, in questa tenuta vengono coltivati anche Grillo e Zibibbo, per la produzione dei vini bianchi secchi come il Gibelè e il Dianthà. Qui la raccolta è stata posticipata rispetto alle zone litorali, perché le uve maturano più tardi. La vendemmia è stata generosa e le piante, sane, hanno permesso la raccolta di grappoli integri e omogenei. Il clima ventilato, le forti escursioni termiche e i terreni calcarei hanno permesso alle uve di sviluppare una importante acidità che darà vita a vini eleganti, freschi e con buona capacità di invecchiamento.
Nella Tenuta Rinazzo i vigneti di Syrah si estendono lungo un crinale immerso in un’aerea quasi desertica. Le viti rigogliose occupano 19 ettari di terreni all’ombra di un monastero risalente al ‘300, uno schizzo verde nel mezzo di una macchia nera. I suoli sabbiosi e il clima semiarido con forti escursioni termiche hanno fatto maturare uve dagli acini piccoli, di un colore blu intenso. Le rese, 75 quintali per ettaro, più basse rispetto allo scorso anno, insieme a una buona maturazione dei frutti che ha determinato un grado alcolico di 13,5 gradi, fanno presagire un risultato eccezionale.
Gazzerotta è la culla del Nero d’Avola, il rosso principe della Sicilia. In una superficie di 90 ettari, la più grande delle Tenute, viti di più di 15 anni crescono su terreni argillosi ricchi di minerali, che regalano ai vini aromi complessi e persistenti di frutti rossi e violetta. Le rese, superiori di un 18% rispetto allo scorso anno, sono state di 90 quintali per ettaro. La carenza di acqua nelle prime fasi di crescita degli acini li ha resi particolarmente piccoli, concentrati, con più buccia e meno polpa, dal colore intenso e dagli aromi persistenti. Si attendono vini molto profumati, fruttati, di grandissima qualità. Ma Gazzerotta non è soltanto Nero d’Avola. Vengono coltivati anche Frappato (per la produzione del rosato Albarìa), Zibibbo, Malvasia e una piccola parcella di Malbech, che quest’anno sarà vinificato per la prima volta. In una zona raccolta, due vigneti reliquia sono poi custoditi con cura: si tratta di piante di 40 anni di Grillo, un impianto ristrutturato completamente che ora mostra viti dai ceppi ritorti e dalle radici profonde, che si è adattato perfettamente all’ambiente pedoclimatico, tanto da sopportare meglio di altri lo stress idrico tipico di questa zona. La vendemmia, iniziata a fine agosto, si è conclusa a metà settembre, con una resa di 98 quintali per ettaro. Da questo cru si ottiene il Gazzerotta Grillo Superiore, un vino che in questa vendemmia ha raggiunto i 13,5 gradi di alcol e che rimarrà sulle fecce fini per un anno. Un unicum da attendere con pazienza.
Salinaro, dal nome delle saline che sorgono lungo la costa, è la quarta tenuta di famiglia dove il Grillo trova la sua massima espressività. Il vigneto, di 9 ettari, si affaccia direttamente sul mare e la brezza che soffia costante dona alle uve tutta la sapidità che poi si ritrova nel calice in degustazione. Le piogge di fine maggio sono state provvidenziali per questa varietà, che è riuscita a maturare perfettamente senza stress idrico e che è stata raccolta tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre. Il buon rapporto tra la buccia spessa dell’acino e la polpa fa presagire un vino di grandissimo livello, che quest’anno raggiungerà i 12,5 gradi di alcol.
La vendemmia dei vini destinati al Marsala
«Importante gradazione alcolica e ottima qualità delle uve destinate al Marsala». Le parole sono di Enrico Stella, l’enologo in Pellegrino specializzato nella produzione di Marsala, il vino conosciuto in tutto il mondo grazie al suo mentore principale, l’inglese John Woodhouse, che alla fine del ‘700 decise di esportare questa prelibatezza in Inghilterra.
La vendemmia di Grillo, Inzolia, Catarratto e Nero d’Avola, da cui si otterranno i vari Marsala, è iniziata ai primi di settembre. Si è iniziato con il Grillo che era più avanti come maturazione, cui è seguito il Catarratto. Le uve, sane e dalla buccia spessa, hanno avuto una resa di 82 quintali per ettaro, un dato in lieve flessione rispetto allo scorso anno, ad eccezione del Grillo, per il quale è stata una annata straordinaria, per produttività e qualità. Un dato valido per tutta la Sicilia, tranne per la provincia di Trapani, dove le rese del Grillo sono state inferiori a causa di una estate molto siccitosa. Oltre a questo, la pratica della vendemmia verde ha determinato una diminuzione delle uve in pianta, accrescendone però la qualità e la concentrazione zuccherina. «Prevedo che si avranno dei buoni Marsala – ha affermato Stella. Avremo una base più consistente che darà vita a vini eccellenti».
Pantelleria
Con 300 ettari di terreni vitati, da nord a sud, da est a ovest, le Cantine Pellegrino dispongono delle migliori espressioni dello Zibibbo coltivato ad alberello, pratica divenuta patrimonio dell’Unesco. Un privilegio assoluto, che consente di ottenere il meglio della produzione per ciascun vino. Dall’esperienza di Nicola Poma, enologo della Pellegrino specializzato nella produzione di vini dell’isola, di cui conosce ogni singolo appezzamento di terra e ogni vigneto, sono nati grandi vini da dessert (Moscato di Pantelleria, due Passiti e il Nes, la versione più nobile di questa uva dolce e aromatica) e, ultimo arrivato quest’anno, Isesi, uno Zibibbo secco Doc Pantelleria. Su terreni vulcanici dai pendii scoscesi e sferzati dal vento, lavorano a mano uomini che hanno nei loro volti disegnata la fatica di una viticoltura eroica. Per ogni vino sono state selezionate particolari uve provenienti da zone diverse dell’isola. Tutte sono state sistemate in piccole cassette e poi portate in cantina, per evitare fenomeni di fermentazione spontanea e conseguente ossidazione. Quelle destinate a Isesi sono state raccolte tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, per un 20% sul mare mentre per il restante 80% all’interno, a 300 metri di altezza, dove le escursioni termiche donano al frutto quella acidità che nel bicchiere si trasformerà in freschezza. Per i vini dolci invece, la raccolta è stata posticipata al 10 settembre, al fine di ottenere un più alto tasso di zucchero e quindi una maggiore gradazione alcolica. «E’ stata una grande vendemmia – ha affermato Poma. Le piogge intense da dicembre a marzo hanno consentito una idratazione profonda del terreno per cui le piante non hanno avuto stress idrici e i frutti sono perfettamente sani». Parte dell’uva raccolta ha subìto un processo di essiccazione sui graticci per divenire uva passa che aggiunta al mosto darà i passiti. Le uve destinate all’essiccazione sono state raccolte dalla seconda metà di agosto intorno al lago Venere, il cratere del vulcano che ha dato origine a Pantelleria. Si tratta di una conca molto soleggiata da sud, dove le uve maturano prima. Aggiunte per un 40% al mosto daranno origine al Passito, in una percentuale del 60% a Nes, il passito il cui nome in ebraico significa “miracolo”. Un miracolo frutto di una terra magnifica e della saggezza dell’uomo.