Il Responsabile del Laboratorio Restauro Marmi e Calchi dei Musei Vaticani, Maestro Guy Devreux, ammoniva chiaramente sui rischi di un ulteriore trasporto.
La storia del Giovinetto si ammanta di circostanze tragiche e comiche allo stesso tempo, il che alla fin dei conti la rende quasi sublime.
Abbiamo detto, scritto e urlato che la Statua è fragile e non esiste nessuna ragione rilevante che giustifichi – razionalmente – un suo spostamento presso il museo Salinas di Palermo. Questa affermazione, ora, ha due conferme: una tecnica, l’altra di opportunità. Andiamo per gradi.
Dagli abissi dell’Internet, ogni tanto, escono fuori tesori nascosti, occorre solo lo scafandro del palombaro, tanta pazienza e voglia di trovare risposte. Fiutiamo una traccia che parte da una semplice stringa di ricerca. Le trivelle misteriche del Sacro Algoritmo di Google estraggono tra milioni di risultati un articolo pubblicato sull’Espresso del 27 luglio 2012. Titolo: “Auriga Globetrotter“, firma di Francesca Sironi. Viene menzionata una perizia sulla statua fatta da Guy Devreux e ivi leggiamo: “La scultura del Giovane di Mozia non deve assolutamente più essere trasportata in altre sedi museali. Questo andrebbe a compromettere il suo stato di conservazione in modo irreversibile“. Saltiamo dalla sedia, perché a questo punto abbiamo un nome (Guy Devreux) e una relazione tecnica.
Lo scorso 26 novembre siamo riusciti a metterci in contatto con Guy Devreux. Il Maestro Guy Devreux, responsabile del Laboratorio Restauro Marmi e Calchi dei Musei Vaticani. Ripetiamolo insieme, così rende meglio: “è il Responsabile del Laboratorio Restauro Marmi e Calchi dei Musei Vaticani”.
Il Maestro Devreux e il Giovinetto di Mozia abbiamo capito che si conoscono da quattordici anni, perché proprio lo stesso Devreux – già nel 2008 – ha avuto modo di condurre un’indagine sul suo stato di salute. Gli abbiamo spiegato i tratti essenziali della vicenda che ci occupa oggi. La risposta di Guy Devreux è stata tanto laconica quanto espressiva: “Questa straordinaria scultura, oltre ad essere particolarmente fragile per tutta una serie di ragioni già descritte a suo tempo nella mia relazione, si trova ad ogni viaggio esposta ad una serie di rischi da non sottovalutare. Per passare dall’Isola di Mozia alla terraferma, questa viene traghettata su una barca con tutti i rischi del caso. Tragitto che compie in posizione orizzontale, pratica che si cerca sempre di evitare perché – così facendo – il rischio di frattura aumenta in modo esponenziale. Mi pare evidente che prima di esporre una scultura così delicata a tutti questi fattori di stress, è bene riflettere seriamente sulle ragioni del suo spostamento: movimentare un’opera così fragile e identitaria per un semplice convegno che, tra l’altro, si trova a Palermo, ossia a pochi passi da Mozia, mi pare veramente inopportuno per non dire altro”. L’impressione è stata che mentre spiegavamo il concetto, Devreux dall’altra parte del telefono sia trasalito, ma rimane una nostra mera sensazione.
Ci lasciamo con la promessa di informarlo sugli sviluppi, ma intanto chiediamo: c’è una relazione firmata da uno dei più autorevoli esperti in materia e questa relazione dice espressamente che se questa statua si sposta, si rompe. Adesso questa relazione è menzionata su un organo di informazione pubblica che – tra le altre cose – verra immediatamente impacchettato e spedito per conoscenza alla Soprintendenza di Trapani, all’Assessorato Regionale di Competenza e pure alla Direzione del Museo Salinas di Palermo; adesso sapete anche, pubblicamente, qual è il rischio che si corre; adesso, dunque, chiediamo: chi di voi si vuole assumere, sempre pubblicamente e di fronte non ad una città, ma ad una intera provincia (quella di Trapani) la responsabilità di questa operazione? Rimaniamo in attesa di risposta.
Seconda circostanza, stavolta comica.
Ci viene spiegato (con fare assai entusiasta, a dire la verità) che il motivo dello spostamento sarebbe da individuarsi in un meglio specificato “convegno” o “evento” che – udite udite – addirittura si svolgerebbe tra Palermo e… Mozia. La quale – pensate un po’! – si gioverebbe di uno scambio che consiste nel dare il Giovinetto per ottenere un “vaso” o una “scultura di terracotta” (questo non è stato ben chiarito) di proprietà del Salinas la cui straordinarietà consisterebbe nel non essere mai stato esposto prima. Praticamente una premiere.
Ora noi non sappiamo se certe idee sono frutto di una ponderazione o di trovate estemporanee, però è curioso rilevare che, innanzi tutto, spostare il Giovinetto da Mozia a Palermo (con tutti i rischi che ne derivano) per un convegno-studi destinato a svolgersi anche a Mozia è un qualcosa di talmente abnorme che in cuor nostro speriamo che ci abbiano detto una cosa sbagliata. E speriamo lo stesso anche in relazione allo “scambio”, perché dare una Statua unica nel suo genere, per ottenere come corrispettivo un manufatto la cui importanza è tale che fino ad oggi è rimasto a prendere polvere negli archivi del Salinas è operazione da suscitare dubbi sulla capacità di intendere e volere di chi la avalla (a suo danno).
Qualsiasi analisi rischi/benefici di questo spostamento dà inevitabilmente un risultato negativo: abbiamo – letteralmente – molto da perdere e pressoché nulla da guadagnare.
Non so voi ma a noi è appena venuta voglia di disseminare lo Stagnone di mine di profondità per non far prendere il largo alla Statua. La nostra Statua.