Che sia il passaggio generazionale a far morire una impresa familiare è un falso mito. La mortalità, nella maggior parte dei casi, infatti avviene prima e non a causa dell’ingresso delle nuove generazioni. Ad analizzare il fenomeno del family business è stato Salvatore Sciascia, ordinario di economia aziendale alla Liuc – Università Cattaneo e co-direttore di Fabula, il Family Business Lab, in occasione dell’incontro “Di generazione in generazione” organizzato da Sicindustria presso le Cantine Pellegrino di Marsala, in provincia di Trapani.
“Troppo spesso – ha detto Sciascia – si cade nell’errore di pensare che il passaggio generazionale sia il peggiore dei mali per un’impresa. Così non è, perché l’ingresso dei giovani rappresenta un’opportunità di rinnovamento. La vera grande minaccia è rappresentata dalla mancata pianificazione, dalla tendenza a procrastinare il passaggio di consegne non prevedendo una fase di necessaria compresenza. È questo l’atteggiamento che mette realmente a rischio i patrimoni industriali”.
Una analisi che ha trovato la rappresentazione plastica proprio all’interno di Cantine Pellegrino che di passaggi generazionali ne ha già fatti ben sei e che rappresenta una delle più floride e importanti realtà vitivinicole dell’Isola. “In Sicilia – ha detto il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno – abbiamo eccellenze imprenditoriali che sono un motivo di orgoglio per tutti noi. Qui in sala oggi sono felice di vedere tanti colleghi imprenditori affiancati dai propri figli e questa è una ricchezza che dobbiamo valorizzare”.
Non è così scontato, infatti, che le nuove generazioni si interessino dei patrimoni di famiglia. Anzi. Secondo una ricerca sulle intenzioni di successione degli studenti universitari italiani appartenenti a famiglie imprenditoriali, condotto da Fabula e dal Center for Young and Family Enterprise (Cyfe) dell’Università degli Studi di Bergamo, poco meno di uno studente su 10 ha intenzione di entrare nell’impresa familiare entro 5 anni dalla fine degli studi universitari. “Un dato – ha sottolineato il rettore della Liuc – Università Cattaneo, Federico Visconti – che in realtà può fare ipotizzare anche che molti studenti, inizialmente ammaliati dalle sirene delle grandi corporation e delle startup, riconsiderino la possibilità di entrare nell’impresa di famiglia solo dopo avere accumulato una certa esperienza”.
Maria Chiara Bellina, classe 1987, sesta generazione in azienda, rientra tra quei pochi studenti con le idee assolutamente chiare. E così, conclusi gli studi alla Luiss di Roma, è subito tornata nella “sua” cantina, dove ricopre attualmente il ruolo di responsabile dell’enoturismo e delle pubbliche relazioni: “Lavorare nell’impresa di famiglia è una responsabilità che la mia generazione sente in pieno. Il nostro segreto è quello di avere lo sguardo rivolto al futuro per far crescere l’azienda, restando però sempre un passo indietro rispetto ai nostri genitori, così da poter vedere meglio ciò che fanno e continuare a imparare da loro”. E di cose, le generazioni passate ne hanno fatte e ne continuano a fare tante: “Dal 1880 – ha raccontato Benedetto Renda, presidente della Cantine Pellegrino – coltiviamo le migliori uve siciliane, facciamo continui investimenti in produzione, ricerca, marketing, puntiamo su tecnologie green che permettono un notevole risparmio energetico rispettando l’ambiente, ma soprattutto chi ha finora guidato quest’azienda ha sempre avuto la consapevolezza di dover lavorare al meglio per poi consegnare il testimone alle nuove generazioni. C’è un proverbio dei nativi americani che amo ripetere: noi ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli”. “Ed è questa – ha concluso il presidente di Sicindustria Trapani, Vito Pellegrino – la cifra che distingue molte delle imprese del nostro territorio accomunate da alcuni principi chiave: tradizione, innovazione, storia, visione”.
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