Pubblichiamo l’intervento pronunciato oggi dal Questore di Trapani, Salvatore La Rosa, in occasione della cerimonia in memoria di Giovanni Palatucci, ultimo Questore della Fiume italiana, morto il 10 febbraio 1945 nel campo di concentramento nazista di Dachau. Medaglia d’Oro al Merito Civile e riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”.
Oggi è una giornata “terribile” sotto il profilo meteorologico ma proveremo a
migliorarla piantumando un albero d’ulivo, simbolo di pace e di riconciliazione, e intitolando questo
bellissimo chiostro, dell’ex convento carmelitano che ospita adesso il Commissariato di P.S. di Alcamo,
ricordando così, nel miglior modo possibile, Giovanni Palatucci, uno dei migliori figli della nostra Italia.
Preliminarmente ringrazio tutti i presenti che, accogliendo il mio invito, arricchiscono
significativamente, con la loro partecipazione, questo momento attraverso cui la Questura di Trapani fa
tangibilmente “Memoria” di un valoroso italiano, un uomo del Sud, un poliziotto che ha scritto con il
proprio sangue una bellissima pagina di amore per la vita in un periodo storico in cui una follia umana,
collettiva e inarrestabile, sembrava avesse preso il sopravvento sui valori della pace e della fratellanza
tra gli uomini.
Giovanni Palatucci, nato nel 1909 nell’avellinese, si laurea in giurisprudenza e, dopo essersi abilitato
Procuratore Legale, frequenta, a Roma, la Scuola Superiore di Polizia divenendo Vice Commissario di
Pubblica Sicurezza.
Un giovane come tanti ma che, per la sua dirittura morale e il suo parlare schietto, diviene presto non
gradito al “regime” che da Genova, sua prima sede di servizio, lo “confina” a Fiume, ai margini orientali
della penisola.
Nella città istriana, anche in ragione del suo incarico di dirigente dell’Ufficio Immigrazione, si trova a
gestire una grande quantità di perseguitati dalle leggi razziali che riesce a salvare da morte sicura,
facendo ricorso al suo coraggio, alla sua fantasia e alle funzioni che ricopre nella Regia Questura di
Fiume.
Anche quando si rende conto che la sua azione umanitaria era ormai prossima dall’essere scoperta dai
nazi-fascisti, pur avendo la possibilità di fuggire da Fiume in un luogo sicuro, resta al suo posto, in
qualità di Questore Reggente, continuando imperterrito, sorretto dalla fede e dall’amore per gli altri, in
questa sua ciclopica opera di salvataggio di vite umane.
Invero Palatucci si trova davanti ad un bivio: scegliere una strada conveniente e sicura o dare voce alla
sua coscienza che gli indicava il “giusto cammino”. Lui non tentenna: dà spazio alla sua umanità, alla
sua fede, alla sua coscienza.
Il 13 settembre del ‘44, i nazisti lo arrestano, accusandolo di intelligenza con il nemico, e lo deportano
nel campo di concentramento di Dachau ove, a soli 36 anni, per le sevizie e gli stenti, muore il 10
febbraio del 1945.
Secondo le stime fatte a posteriori, Giovanni Palatucci ha salvato circa 6000 perseguitati, per la
maggiore ebrei, e per tali motivi è stato insignito dallo Stato Italiano della “Medaglia d’Oro al Merito
Civile”.
L’Ente Nazionale per la memoria della Shoah dello Stato d’Israele lo ha dichiarato “Giusto tra le
Nazioni” ed il Vaticano, nel 2004, lo ha proclamato “Servo di Dio”, titolo attribuito a coloro per cui è
stato avviato il processo canonico di beatificazione.
Fulgida espressione dei più alti valori umani, il “poliziotto” Giovanni Palatucci, ultimo Questore della
Fiume Italiana, con la sua vita ci ha lasciato un esempio illuminato, una strada da seguire per evitare che
il viluppo di terrore e di mostruosità di quegli anni bui della storia dell’uomo possa ripetersi ancora.
Oggi con questa breve cerimonia, a 78 anni dal suo sacrificio, proviamo a rendergli ONORE.