Un dato è certo: «Niente può restare come prima». Sono Orientamenti pastorali “dopo la pandemia” quelli che il Vescovo – ieri sera, nella solennità di San Vito – ha presentato ai fedeli, nella chiesa di San Vito a mare a Mazara del Vallo. «Il deserto fiorirà» è il tema che monsignor Domenico Mogavero ha voluto dare alle Linee guida del nuovo Piano, che accompagnerà l’attività pastorale 2020-2021. Un’analisi di questo tempo che il Vescovo affida ad alcuni elementi. A partire dai numeri: «Il distanziamento sociale, le assenze di talune figure significative della ministerialità laicale, come catechisti e ministri straordinari della comunione, seppure provvisori, inducono a riflettere su lamenti e pressioni che chiedevano una ripresa più accelerata delle celebrazioni con partecipazione popolare e dall’altra sull’ambiguità stessa dei numeri», scrive il Vescovo. Se i cattolici rappresentano la fetta maggioritaria della popolazione, ci sono alcuni indicatori specifici: la partecipazione alle messe domenicali, la percentuale delle famiglie che dichiaravano di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, il numero elevato di prime comunioni e cresime, i matrimoni celebrati in chiesa. «Ma quei numeri restano credibili? – s’interroga il Vescovo – a me sembra – è sempre monsignor Mogavero – che bisogna essere più guardinghi, se si pensa allo spessore di vita di fede presente nella maggior parte delle coppie che hanno celebrato il matrimonio sacramento, o se si fa conto degli adolescenti che proseguono la loro esperienza ecclesiale nel dopo cresima, o alla scarsa rilevanza culturale dell’insegnamento della religione cattolica». Il Vescovo ha parlato di un «modello a cui ispirarsi, per rispondere a quattro appelli della nostra comunità: la solidarietà e la condivisione, la Parola di Dio («la debolezza di fede della nostra gente è fondamentalmente ignoranza della Parola di Dio, nonostante i percorsi di catechesi parrocchiale finalizzati al completamento dell’itinerario di iniziazione cristiana. E questa ignoranza dovrebbe diventare fame della Parola»), il dono della grazia («il percorso catechetico che prepara alla prima comunione e alla cresima svanisce nel nulla subito dopo la celebrazione di questo sacramento, anche perché la famiglia generalmente non si prende cura dell’educazione cristiana dei figli, assecondando il percorso seguito in parrocchia. È una situazione desolante che esige una riflessione seria e responsabile e, contestualmente, una revisione delle prassi fin qui seguite»), la cura e il servizio alle fragilità del popolo e del mondo. Un cammino impegnativo e sinodale, da svolgersi a partire dalle Foranie, per poi passare nelle comunità parrocchiali e, infine, in un’assemblea diocesana. Infine un passaggio sui social: «Se questi hanno consentito di bucare il muro di separatezza tra pastori e fedeli e di tenere desto il desiderio della celebrazione eucaristica, tuttavia il ricorso ai social ha reso evidente che nelle nostre comunità la messa ha l’esclusiva e non lascia spazio, se non in forma marginale, all’annuncio della Parola. Solo in pochi casi alla celebrazione della messa in streaming sono state associate proposte di lectio divina, o di catechesi quaresimale», ha detto il Vescovo che ha, comunque, ribadito di «non disperdere questa modalità di comunicazione diffusa, purché si sostituisca la celebrazione della messa con altre iniziative di promozione culturale dell’annuncio e dei cammini di fede, acquisendo risorse e competenze utili per valorizzare al meglio questo canale e per amplificare al meglio la piattaforma del nostro annuncio».
Max Firreri