Etnomusicologia e paesaggi del suono: il nuovo numero di Etnografie Sonore

Da oggi disponibile online il nuovo numero di Etnografie Sonore/Sound Etnographies, pubblicato dall’Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino e dalla casa editrice Neoclassica (Roma), che ne cura la versione a stampa.
Incentrato su diverse declinazioni dell’etnomusicologia, questo nuovo contributo rivela la coesione di questa disciplina e, al tempo stesso, la varietà degli oggetti, dei metodi, delle prospettive che la attraversano, ma anche delle sue relazioni con discipline contigue.
Tre dei quattro saggi contenuti in Etnografie Sonore (e firmati da Sergio Bonanzinga, Michele Segretario e Maria Semi) affrontano l’etnografia del suono anche da un punto di vista storico.
Filo rosso che lega saggi e recensioni è il tema dei paesaggi sonori, oggi emergente nel dibattito etnomusicologico e antropologico. Quello di Sergio Bonanzinga mostra, per esempio, come nella recente tradizione dei fabbri siciliani – da lui personalmente documentata in audio e in video (consultabili al link https://www.soundethnographies.it/etnografie-sonore-sound-ethnographies-n-iv-1-2021-index/) – sia vivo, attuale e del tutto funzionale l’antichissimo mito che attribuisce al misurare i colpi dei martelli sull’incudine l’origine della musica.
Alessandro Cosentino basa, invece, il suo lavoro non sulle fonti storiche ma su una ricerca sul campo svolta dallo stesso autore in Botswana nel 2018 e nel 2019. La ricostruzione delle vicende storiche del territorio è funzionale per descrivere il paesaggio politico e sociale, ma anche sonoro, nel quale si collocano le biografie e le competenze musicali dei musicisti da lui incontrati.
Michele Segretario si occupa degli effetti della colonizzazione spagnola sulla musica delle popolazioni locali nelle colonie americane, dal Messico al Perù, nel XVI e nel XVII secolo. Il saggio valuta in dettaglio il modo in cui le pratiche musicali (soprattutto religiose e militari) degli colonizzatori hanno modificato il paesaggio sonoro, soprattutto urbano.
L’ultimo contributo di Maria Semi, infine, si colloca al confine tra approccio filosofico e semiologico e antropologia della musica. Dà conto di una intricata vicenda giudiziaria svoltasi abbastanza di recente (dal 1987 al 1990) in British Columbia: le popolazioni indigene Gitxsan e Wet’suwet’en hanno rivendicato il diritto all’occupazione e al possesso di una parte di territorio. Le prove portate a sostegno dei loro diritti sono state da loro esibite in forma di canto; ne è stato riconosciuta la funzione testimoniale ma non il valore legale. Si affrontano qua, per la prima volta, le questioni relative al modo in cui i concetti stessi di canto e musica siano stati determinanti nel dibattito processuale.

Il nuovo numero di Etnografie Sonore/Sound Etnographies si conclude, infine, con due recensioni (Rizzoni su un volume curato da Giorgio Adamo e Giovanni Giu­riati, in onore di Francesco Giannattasio; Renzi sulla recente traduzione in italiano di una raccolta di saggi effettuata da Steven Feld e curata da Sergio Bonanzinga) che contribuiscono, anch’esse, a focalizzare l’attenzione sulla dimensione e sulle prospettive d’indagine relative ai paesaggi sonori.