L’Opinione è stato – ed è – un giornale glorioso. Molto più di un organo di informazione, ha rappresentato sin dalla sua
fondazione un centro di elaborazione culturale, un luogo di incontro e di confronto, una fonte inesauribile di pensiero e di
azione. Emoziona pensare agli anni in cui fu concepito, nel 1848, intorno ai tavoli dello storico ristorante ‘Del Cambio’ in
Piazza Carignano, a Torino, grazie a un gruppo di liberali che affidarono la sua prima direzione a Giovanni Lanza. Lo
stesso che poi sarebbe diventato Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1869 al 1873, vedendo svolgersi e compiersi –
con la Breccia di Porta Pia – il Risorgimento italiano. Da Torino, la sede del giornale si spostò prima a Firenze (nel
1865), poi a Roma (1871) e L’Opinione continuò a rappresentare l’anima della cultura liberale, forte della sua identità che
presto sarebbe stata messa alla prova dall’irrompere delle nuove ideologie novecentesche. Fra alti e bassi, quelli che
conosce ogni avventura umana ed editoriale, il giornale chiuse una prima volta nel 1900, riprese come foglio clandestino
nel 1944 e tornò in edicola a Torino il 28 aprile del 1945, dopo la liberazione della città, quale organo del Partito Liberale
Piemontese. Da Filippo Burzio a Luigi Einaudi, le firme dell’Opinione continuavano a rappresentare le idee e gli ideali
degli intellettuali più importanti del liberalismo italiano, indisponibile a cedimenti identitari di destra o di sinistra e fermo
invece al cuore di una tradizione gloriosa, che poneva la libertà, anzi le libertà, al vertice politico ed etico di un
imprescindibile sistema di valori. Una nuova chiusura sembrò fermare nel 1946 il cammino dell’Opinione, che però
rinacque, ancora, stavolta come settimanale, e sempre in veste di organo del Partito Liberale Italiano.
Da pochi giorni è scomparso uno dei suoi Direttori più impegnati e tenaci, Arturo Diaconale, che aveva cominciato la sua
professione giornalistica nella redazione romana del Giornale di Sicilia. Alla Sicilia Diaconale era rimasto sempre molto
legato, tanto da fondare recentemente una nuova ‘costola’ della testata, ‘L’Opinione della Sicilia’, con una più decisa
centratura sulla regione che in più occasioni definì coma una sorta di laboratorio politico e sociale d’avanguardia, in
grado di anticipare le più profonde e importanti dinamiche nazionali.
Il mondo della stampa, nelle ultime ore, ha ricordato Arturo Diaconale facendo riferimento ai suoi molti incarichi: Vice-
segretario nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana, Segretario dell’Associazione Stampa Romana,
Membro del Comitato scientifico della Fondazione Italia-Usa, Membro del Consiglio di Amministrazione della RAI,
Portavoce ufficiale della S.S. Lazio, e diversi altri.
Uno dei ritratti più belli, però, è stato quello di Andrea Mancia, che nel ricordare la figura di Arturo Diaconale, ha voluto
legarla indissolubilmente proprio alla direzione dell’Opinione (assunta nel 1993) e al suo amore profondo per la testata,
da lui di nuovo trasformata da settimanale in quotidiano. “Arturo – scrive Andrea Mancia – irruppe come un ciclone in
una redazione abituata ai ritmi sonnecchianti e un po’ snob del giornale di partito. Da giornalista vero (non per niente era
stato una delle punte di diamante della redazione politica de ‘Il Giornale’ montanelliano), cercò immediatamente di
trasformare L’Opinione in un settimanale d’assalto, alla ricerca di un’identità che andasse oltre a quella del semplice
bollettino d’ordinanza del PLI. Con Tangentopoli, nel giro di pochi mesi il partito svanì rapidamente come il resto della
Prima Repubblica. Amici dei magistrati a parte. Ma invece di mollare il colpo e cercare fortuna altrove (e ne avrebbe
certamente avuto la possibilità), Arturo raddoppiò la posta: rilevò la testata dal partito e la trasformò in quotidiano”.
Ma Andrea Mancia, nel suo articolo, ricorda anche come Diaconale seppe ‘convertire’ la redazione romana
dell’Opinione, fra non poche difficoltà, in una palestra di addestramento per giovani giornalisti o aspiranti tali: “E quasi
tutti si sono fatti le ossa proprio in quei primi, caotici anni del quotidiano L’Opinione. – aggiunge – Che oggi lo ammettano
con se stessi oppure no, devono proprio ad Arturo la prima possibilità di potersi confrontare con la professione
giornalistica”.
Io ero fra quelli e ricordo ancora con emozione il primo incontro con il Direttore. Con una laurea in Lettere, un Corso di
Perfezionamento in Scienze della Comunicazione e una profonda passione per la scrittura, avevo cominciato a
frequentare a Roma il primo, poi il secondo anno della Scuola di Liberalismo, straordinaria esperienza di formazione
politica promossa dalla Fondazione Luigi Einaudi e diretta da Enrico Morbelli. Al termine delle lezioni c’era un concorso e
una tesi da scrivere: era il 1996, scelsi di dedicarla a Piero Gobetti, nel settantesimo anniversario della sua scomparsa.
Vinsi il primo premio e con quella tesi mi presentai una mattina in Piazza San Lorenzo in Lucina, dove allora si trovava la
redazione dell’Opinione. Parlai con il suo Direttore che decise di pubblicare a puntate tutto il testo e poi molti altri articoli
sui più importanti esponenti della storia del Liberalismo italiano. Non ho più smesso di scrivere. Poi la vita ha preso
un’altra direzione, ma oggi, insieme a molti altri e più valenti giornalisti cresciuti nella redazione romana dell’Opinione,
voglio ricordare e ringraziare il Direttore Arturo Diaconale.
FEDERICA SBRANA