Il Natale è la festa che celebra ogni anno la nascita di Gesù, mistero dell’Incarnazione di Dio.
Quest’anno Natale coincide anche con l’inizio del Giubileo di questa Incarnazione. Infatti l’Anno Santo nasce per celebrare in maniera più intensa e più forte la realtà dell’Incarnazione; è come un anniversario di nozze, che seppur ricordato e festeggiato ogni anno, nel venticinquesimo, nel cinquantesimo, nel settantacinquesimo per chi ha la grazia di arrivarci, assume una connotazione più festiva, un ricordo più vivo e solenne.
E davvero celebrando il mistero dell’Incarnazione noi celebriamo un evento nuziale: Dio è diventato consorte dell’uomo, è venuto a condividere fino in fondo la sorte dell’uomo, con le sue sublimi bellezze, come essere cullato dalle braccia di una mamma o confortato da amicizie sincere, e le sue terribili angosce, come il tradimento degli amici, le sofferenze fisiche e morali, il senso del silenzio di Dio. E in virtù di questa divina Incarnazione, che trova la sua consumazione sul letto nuziale della croce, Dio condivide con l’uomo la sua vita immortale, i suoi orizzonti di infinito e di eternità, facendolo così davvero pellegrino di speranza, come papa Francesco ci ha ricordato indicendo il giubileo del duemilaventicinquesimo anno ab incarnatione Domini.
Già i segni dell’antico giubileo biblico profetizzavano questa realtà nuziale, di esser fatti consorti di Dio. La legge del giubileo biblico prescriveva infatti che in quell’anno cinquantesimo si liberassero in Israele gli schiavi per debiti e fossero restituite le terre alienate. Terra e libertà erano infatti i doni di Dio liberatore dalla schiavitù egiziana alla sposa amata Israele; terra e libertà erano i connotati dell’identità di un uomo che riconosce il suo destino come casa e lo accoglie e vive nella libertà. Dio, che la pietas ebraica chiama hamaqqom/il luogo, perché egli è “il luogo del mondo” vuole che il suo popolo abbia un luogo di cui prendersi cura, collaborando con Colui che è il Luogo di tutto. Dio, che è l’assolutamente libero, consegna ai suoi figli la libertà per amare, perché come lui possano amare, e solo chi è libero può amare veramente. Dilige, et quod vis fac, “ama e fa ciò che vuoi”, insegnava Agostino, perché chi ama vuole, con tutta la sua libertà, solo fare opere di amore. E Dio che è sommamente libero ed amante ha voluto testardamente condividere con gli uomini la sua vita libera ed innamorata, perciò si è fatto uomo e sul luogo della sua incarnazione gli angeli hanno proclamato che ora è tempo dello shalom, la pienezza di vita e di bene nella pace per gli uomini amati dal Signore. Possa questo Giubileo del Natale, questo anno tutto di memoria delle nozze divine, ridonare a questa umanità, sposata per sempre nella carne del Bambino di Betlemme, la libertà di amare per abitare in pace nella terra che lo Sposo ha portato in dote alla sua sposa, se questa rimane fedele e mite come lui, il Signore di tutta la terra, che ne inaugurò il possesso invadendo con il suo amore la cima del Calvario, perché da lì dilagasse fino a confini sconfinati dell’amore. Auguri
don Marco Renda
Arciprete Chiesa Madre di Marsala