Discorso pronunciato nella Sala Capitolare del Palazzo della Minerva 29 Luglio 2020
Buongiorno a tutti,
è un vero piacere rivederci quest’oggi per un appuntamento con la tradizione che, pur con modalità inedite e ancora nel rispetto di rigorosi protocolli di sicurezza, rappresenta senz’altro un altro passo avanti verso un graduale ritorno alla normalità.
Ringrazio il Presidente Di Fonzo per il suo intervento che, con puntuale lucidità, ha evidenziato i principali temi di un’agenda politica e istituzionale completamente mutata rispetto a quella che avevamo di fronte sei mesi fa.
La pandemia ci ha fatto vivere drammatiche giornate di dolore e sofferenza per tante famiglie, a cui rinnovo un commosso pensiero di vicinanza.
Il Covid ci ha costretto a fare i conti con nuovi scenari, nuove realtà e nuovi problemi di un’economia in profonda recessione.
Abbiamo bisogno subito – adesso – di interventi fiscali, finanziari ed economici importanti.
Abbiamo bisogno di mettere soldi in tasca agli italiani.
Abbiamo bisogno di lavoro, lavoro, lavoro, non di misure assistenziali o di legislazioni dell’emergenza.
Penso alle famiglie.
Penso ai giovani, che sono il nostro futuro.
Penso in particolare alle donne. Al rischio reale che uno strumento come il telelavoro, diciamolo in italiano, certamente utile nelle fasi più gravi dell’emergenza, possa rivelarsi un falso amico che le penalizzi ulteriormente. La conseguenza inaccettabile sarebbe relegarle ai margini del mercato del lavoro, facendole così tornare indietro di cinquant’anni nel percorso dell’emancipazione femminile.
Bisogna ripartire per la rinascita del nostro Paese dal coraggio delle donne, che hanno sopportato il peso maggiore dell’emergenza tra figli, professione, casa ed anziani. Hanno idealità e concretezza, creatività e visione nel futuro.
Penso al mondo dell’impresa, a cui servono certamente aiuti economici, ma anche una legislazione che crei posti di lavoro, che produca ricchezza, che stimoli i consumi e rimetta in moto la produttività.
E questo significa niente burocrazia che soffoca gli investimenti e mortifica l’iniziativa di tanti cittadini.
Genova è sicuramente il modello da cui trarre ispirazione per una politica di sviluppo basata sulla rapidità dei processi decisionali, sulla chiarezza delle regole e sulla reciproca fiducia e collaborazione tra Stato e impresa.
Penso poi alla scuola, che a settembre deve riaprire per tutti, senza se e senza ma.
Il Governo deve farsi carico delle proprie responsabilità, non delegarle ai Presidi o alle famiglie, con il rischio di creare inaccettabili discriminazioni tra studenti di serie A e studenti di serie B.
Ricordiamoci che la scuola non è solo didattica davanti a un computer. E’ il luogo della formazione umana e sociale dei nostri ragazzi.
Investiamo nella scuola reale – statale, paritaria e anche privata – che è fatta di aule, di relazioni, di interazione, confronto e dialogo quotidiano tra studenti e docenti.
La scuola deve essere una priorità, così come la ricerca scientifica che deve diventare protagonista delle nostre politiche pubbliche di sviluppo.
La ricerca non è un optional. Non è un accessorio a cui guardare solo in caso di bisogno. E’ innovazione, è competitività, è rinascita in ogni campo del sapere e del fare.
A cominciare da quello sanitario: perché sarà la ricerca a darci le cure e i vaccini, dando fiato, ripresa all’economia e a tutte le attività produttive. Quindi facendoci tornare a una vita normale.
E poi, facciamo veramente ripartire la cultura!
Non mi stancherò mai di ripetere che l’Italia possiede un patrimonio incredibile di tesori paesaggistici, architettonici, artistici e storici.
Ricchezze che, se valorizzate e sfruttate adeguatamente, darebbero una spinta eccezionale alla nostra economia, producendo a loro volta nuova ricchezza. Studi recenti hanno rivelato che ogni euro speso nella cultura genera effetti economici positivi pari a più del doppio dell’investimento.
Sono tutte sfide ambiziose. Ma sono sfide che il Paese può vincere, se Governo e Parlamento sapranno fare la loro parte.
E’ però necessario che ciò avvenga nel rispetto delle reciproche prerogative e dei ruoli che la Costituzione affida a ciascuno.
E la Costituzione dice che le Camere sono il centro dell’azione legislativa e il Parlamento l’interlocutore primo e insostituibile del Governo.
Una questione di metodo democratico su cui pesa, certamente, l’avere gestito tutte le fasi dell’emergenza con un ricorso esagerato a DPCM, emanati senza preventiva e dovuta consultazione con un voto del Parlamento.
Ma su cui grava, soprattutto, avere sostanzialmente privato una delle due Camere della possibilità di incidere realmente sui principali decreti-legge, anche di natura economica, e su cui grava il ricorso troppo frequente al voto di fiducia come strumento ordinario per la loro approvazione.
Così viene meno la democrazia parlamentare, e cioè l’equilibrio tra il principio della sovranità popolare, di cui sono garanti entrambe le Camere, e la responsabilità dell’azione di governo.
Non è immaginabile che su un provvedimento di circa 300 articoli come il “decreto-rilancio”, che è sostanzialmente una manovra di bilancio, il Senato non abbia toccato palla.
Il Senato, al pari della Camera, non può essere un convitato di pietra nella elaborazione delle principali strategie per rilanciare il Paese.
Soprattutto adesso che, per accedere al “Piano per la ripresa” approvato nei giorni scorsi a Bruxelles, l’Italia è chiamata a predisporre ed attuare un progetto di riforme importanti e strutturali.
Un programma concreto che porti sviluppo, occupazione e crescita del PIL.
Spetta solo al Parlamento offrire al Governo linee di indirizzo vincolanti per ricostruire il Paese.
Su questo non si può transigere.
E il fattore tempo, in particolare, è una variabile decisiva, perché la crisi dell’Italia e delle altre economie nazionali colpite dal Covid è già diventata la crisi di tutta l’eurozona.
E’ adesso – non fra sei mesi o un anno – che abbiamo bisogno di quelle risorse per tradurle in atti concreti; in progetti di crescita e di sviluppo.
Consentitemi poi un altro pensiero sull’Europa.
Lasciamo perdere le distinzioni che hanno animato il dibattito europeo tra Paesi frugali e non, tra Paesi sovranisti ed europeisti. Quello che conta è che oggi abbiamo finalmente visto un’Europa più coesa e solidale, grazie soprattutto a una maggiore apertura al dialogo della Germania.
Ma credo che l’Europa debba approfittare di questa occasione storica anche per avviare una profonda riflessione interna su quel voto all’unanimità del Consiglio europeo che costituisce un vulnus alla democrazia e alle sue regole di funzionamento. A Bruxelles abbiamo visto la posizione di una minoranza prevalere sulla linea condivisa dalla maggioranza.
Questo è un paradosso e non è sui paradossi che si può costruire il futuro dell’Europa.
Ci sono poi tante altre questioni – come lei ha giustamente ricordato, Presidente Di Fonzo – ancora aperte.
Tra queste, l’urgenza di affrontare il nodo giustizia, oggi più che mai evidente anche all’interno del CSM, con una riforma – ormai non più rinviabile.
Sorteggio dei membri togati, non obbligatorietà dell’azione penale, separazione delle carriere, divieto di porte girevoli dalla magistratura alla politica e viceversa: sono alcune delle misure che mi sento di suggerire, per la mia esperienza al Consiglio Superiore della Magistratura.
Condivido inoltre la necessità di tornare a occuparci di violenza domestica e di femminicidi.
Un tema a cui dedico da sempre grande attenzione e in relazione al quale ho promosso anche in Senato numerose iniziative di sensibilizzazione e di informazione.
L’aumento dei casi registrato durante la quarantena è sintomo che c’è ancora tanto lavoro da fare specie sul piano della prevenzione e della sicurezza di tante donne che non devono essere lasciate sole.
C’e poi il disegno di legge istitutivo della giornata nazionale dei camici bianchi.
Una bella iniziativa del mondo della cultura che – come lei ha ricordato – ha subito raccolto l’adesione della politica e delle Istituzioni e che, su mia proposta, si è tradotta in un disegno di legge sottoscritto dai Presidenti di tutti i Gruppi parlamentari del Senato.
Un gesto simbolico di riconoscenza nei confronti di medici, infermieri e personale sanitario che hanno lottato senza sosta, giorno e notte, per curare gli ammalati e salvare vite.
L’esempio di un’Italia che non si rassegna, che crede nel futuro e non perde la speranza.
Un’Italia che abbiamo conosciuto anche grazie ai giornalisti e a tutti gli operatori dell’informazione che, durante l’emergenza, hanno continuato a lavorare sul campo, rischiando il contagio e affrontando mille difficoltà.
Nelle lunghe e surreali giornate dell’emergenza non avete solo “informato”: avete consentito agli italiani di sentirsi meno isolati.
llustrando i rischi del virus e spiegando le misure di prevenzione avete contribuito in modo concreto a tutelare la loro sicurezza.
Questa è stata l’ennesima prova di quanto il vostro ruolo possa rendere un servizio fondamentale a tutto il Paese.
Un ruolo che deve essere valorizzato, rafforzato e soprattutto tutelato – come ho detto in altre occasioni – anche sul piano economico e contrattuale; anche sostenendo e preservando realtà storiche del mondo dell’informazione oggi in grande difficoltà; anche difendendo il valore del principio della “libertà di stampa”, quando dietro c’è un giornalismo fatto di passione e di autentici guardiani della verità.
Ed è proprio la necessità di perseguire e di verificare sempre la verità che mi porta a condividere con voi un’ultima riflessione.
La massiccia quantità di notizie e dati, spesso non vagliati con accuratezza, porta fatalmente al pericoloso fenomeno delle fake news.
Una nuova patologia dell’informazione su cui occorre intervenire, con urgenza, perché la mancanza di professionalità di pochi giornalisti potrebbe incidere negativamente sulla professionalità dell’intera categoria, con effetti disastrosi sulla società oltre che sulla vita dei singoli cittadini.
Consentitemi, in conclusione, di ringraziare tutto il personale del Senato, a partire dal Segretario Generale Elisabetta Serafin e dai Vice Segretari Federico Toniato e Alfonso Sandomenico, fino al più giovane degli assistenti parlamentari.
Un ringraziamento che desidero estendere anche ai Senatori Questori, al dottor Federico Marini e allo staff di medici e infermieri del Senato.
Senza il loro supporto, senza l’impegno di tutti, non sarebbe stato possibile garantire il pieno funzionamento del Senato, anche nelle fasi più drammatiche dell’emergenza e consentire a tutti i senatori di partecipare ai lavori dell’Aula e delle Commissioni, in sicurezza e senza ricorrere al voto a distanza, che mi trova fortemente contraria.
Un pensiero, infine, sul ventaglio di quest’anno, anch’esso inedito, per il quale vi ringrazio e mi congratulo con la sua autrice Giulia Carioti. Oltre ad essere veramente bello, nasce anche da un’idea che ho molto apprezzato e che condivido. Un’idea di rinascita, di nuove occasioni, di nuovi traguardi. L’idea di un nuovo futuro che abbiamo l’opportunità di scrivere con l’inchiostro della buona volontà, dell’impegno, della voglia di fare e di fare bene, nell’interesse dell’Italia e di tutti gli italiani.
Grazie, grazie a tutti.