Pubblichiamo l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in occasione della cerimonia dei David di Donatello
Rivolgo un saluto molto cordiale al Ministro, alla Presidente Detassis, a quanti sono presenti e a quanti ci seguono da remoto.
Il David di Donatello è una festa del cinema e, dunque, della cultura italiana. Una festa che, con il suo ritmo annuale, scandisce una storia importante per il nostro Paese, accendendo luci su realtà e sogni, su costumi e linguaggi che cambiano, su volti e racconti che esprimono emozioni, passioni, gioie e dolori che sentiamo anche nostri.
L’anno scorso, per effetto della pandemia, non è stato possibile svolgere questa cerimonia. Quest’anno realizzarla, sia pure in forma ridotta rispetto alle edizioni precedenti, rappresenta un segnale di ripartenza, di speranza. Ci manca, naturalmente, la vivace, simpatica atmosfera prodotta dalla presenza, in questa sala, dei circa quattrocento candidati, espressione dell’intero mondo del cinema. Molti di loro sono collegati. Ci seguono sui computer o in tv.
Ringrazio Geppy Cucciari, terrò conto dei suoi suggerimenti per il futuro. E ringrazio Chiara Civello. Con bravura e brio – ben noti – ci hanno aiutato a contenere la nostalgia per le assenze. Grazie a chi ci ha accompagnato al piano e alla batteria.
Desidero rivolgere, subito, un pensiero a tre grandissime personalità, legate al mondo del cinema e dello spettacolo, che sono scomparse di recente: Ennio Morricone, Franca Valeri, Gigi Proietti. La loro morte ha reso ancora più triste il periodo della pandemia. Fanno parte, a pieno titolo, della storia artistica, del patrimonio culturale del nostro Paese. Non saranno dimenticati: non sarebbe possibile.
Sono certo che, se fossero ancora tra noi, incoraggerebbero tutti a trovare, nelle luci che si profilano nel contrasto al Covid, forza e determinazione per andare avanti, per ricominciare.
Per mettere in cantiere i progetti rimasti nel cassetto. Per restituire pienamente al lavoro le straordinarie maestranze, le molteplici professionalità che fanno di questo settore non soltanto una punta della nostra cultura e della sua espressione artistica, ma anche un’industria di rilievo per l’Italia.
So bene che lo spettacolo, in generale, e lo spettacolo dal vivo in particolare, è tra i settori più colpiti dalle conseguenze della pandemia, al di là dei rilevanti interventi del Governo per sostenere il settore.
Si tratta di un impoverimento – economico e culturale, quest’ultimo non risarcibile – che non può permanere a lungo.
Perché il cinema, il teatro, la musica, la danza – in una parola, l’arte – non sono elementi aggiuntivi della vita sociale. Belli, alti, confortanti, di cui però si possa fare a meno di fronte problemi più gravi e urgenti.
Ne costituiscono, al contrario, parte irrinunciabile.
La pandemia ci ha costretto a chiudere le porte dei cinema e dei teatri, come nei periodi oscuri della storia dell’umanità, quando i palcoscenici e i set sono vuoti, quando le orchestre tacciono e nessuno danza.
Certo: per sconfiggere il virus serviranno ancora prudenza e responsabilità nei comportamenti. Non possiamo vanificare i sacrifici compiuti, anche per il rispetto che dobbiamo ai tanti morti e alle tante sofferenze patite.
Accanto alla responsabilità, però, servirà anche determinazione e iniziativa.
Sarà necessario anche il coraggio di progetti e di realizzazioni che aiutino a sviluppare insieme innovazione e qualità, che portino a migliorare quanto va ritenuto obsoleto, difettoso, frenante.
Apprezzo e ritengo importante che l’Accademia del David abbia destinato, quest’anno, premi speciali a tre persone, che – appartenenti al comparto della scienza, della medicina, della sanità – hanno lavorato, con determinazione e competenza, per consentire al cinema di andare avanti. Grazie ancora, dunque, e complimenti a Silvia Angeletti, Ivanna Legkar e Stefano Marongiu.
Il loro impegno manifesta e simboleggia la capacità di unire forze e intelligenze, di fare sistema, per il bene comune. Perché dalle gravi crisi, come quella che stiamo attraversando, si esce solo con la solidarietà, con la visione, con il senso di appartenenza a una storia comune.
Rivolgo le congratulazioni e gli auguri ai tre premi alla carriera. Sandra Milo, Monica Bellucci, Diego Abatantuono. Tre icone del cinema italiano, del cinema proiettato nel mondo. Tre personalità forti, dotate di spiccata originalità, in piena continuità con la storia del David di Donatello.
Nel dopoguerra, al tempo della ricostruzione morale e materiale dalle macerie della dittatura e del conflitto più sanguinoso, il cinema italiano conobbe una stagione straordinaria. In quella stagione seppero esprimersi talenti di grande levatura, le cui opere furono ammirate in tutto il mondo. Registi come Vittorio De Sica, Roberto Rossellini, Luchino Visconti aprirono un capitolo nuovo nella cultura italiana, fecero breccia nel sentimento popolare, valorizzarono attrici e attori che sono rimasti a lungo nel cuore di ciascuno di noi. Divennero maestri di altri maestri.
Sarebbero tanti i nomi da ricordare. Così come i nomi di produttori, di sceneggiatori, di direttori di fotografia, di costumisti, di scenografi. Di tutti coloro, insomma, che nel dare anima al cinema hanno contribuito ad arricchire la civiltà degli italiani, a farli sentire più partecipi di un destino comune, a sollecitare attraverso le immagini, le parole, le musiche il desiderio di vivere e di crescere in un Paese migliore.
Ripercorrendo all’indietro l’albo d’oro del David fino alla sua fondazione – che si deve alla passione, all’impegno, al grande amore per il cinema di Gian Luigi Rondi – noi ritroviamo film che hanno lasciato segni nelle stagioni diverse. Vent’anni fa vinse il David come miglior film “La stanza del figlio” di Nanni Moretti. Trent’anni fa “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores e “Verso sera” di Francesca Archibugi. Quarant’anni addietro “Ricomincio da tre” di Massimo Troisi. Cinquant’anni or sono “Il conformista” di Bernardo Bertolucci e “Il giardino dei Finzi Contini” di Vittorio De Sica.
Le eccellenze del cinema hanno contribuito a far conoscere e apprezzare l’Italia nel mondo e hanno accresciuto il valore del talento italiano.
Talenti, sensibilità molteplici che ancora ispirano filoni e generi diversi. Ma in questa eredità c’è anche un patrimonio che appartiene a tutti, come un bene indivisibile. Appartiene a voi che date sempre vita nuova al cinema italiano. Appartiene a tutti gli italiani che continuano ad attingere a questa fonte così ricca di cultura, di emozioni, di divertimento.
I candidati ai David e tutte le persone che lavorano nel cinema sono eredi di questa storia. La linfa di quelle radici circola ancora. Il testimone è passato di mano ma ora va condotto ancora più avanti. Tanto è cambiato in questi decenni nella strumentazione tecnica, nella qualità delle immagini, nella costruzione e nella percezione delle storie, nel senso comune e nel costume sociale. Siamo però, di nuovo, chiamati a ripartire. Non soltanto a proseguire. E per questo avvertiamo, accanto alla ricchezza delle nostre diversità e differenze, anche il senso di una missione comune.
Indubbiamente il cinema è cambiato. E continua a cambiare, con innovazioni che procedono a grande velocità. Tutti concordano nel ritenere che, dopo il Covid, non torneremo alla normalità di prima ma ci troveremo in uno scenario nuovo. Voi sapete bene quanto nel cinema si cammina in fretta. Quanto le trasformazioni tecnologiche impongano nel vostro lavoro sfide continue e avanzamenti costanti. Lo sapete perché – pur nelle limitazioni di questi mesi – avete continuato a inventare, a girare, a produrre. Non sono pochi i film, le fiction, le serie, trasmesse dalla tv e da altre piattaforme, che il pubblico ha così potuto apprezzare pur senza poter entrare nelle sale cinematografiche.
Adesso le sale riaprono, e desideriamo anzitutto che il pubblico possa di nuovo godersi le emozioni del grande schermo in sicurezza. Pesa purtroppo, anche economicamente, la lunga sosta forzata. E va affrontato, con i gestori delle sale, il rischio derivante dagli ingressi contingentati, come ha detto il Ministro. Le sale del cinema sono un luogo prezioso della vita delle città. È bene che siano stati previsti fondi per ammodernare e rendere più efficienti da punto di vista energetico le sale, così come i musei, i teatri e tutti i luoghi della cultura.
Il cinema ha ormai intessuto una relazione intensa con la televisione e con le varie piattaforme che sempre di più arricchiscono le nostre capacità di comunicazione e di informazione. Ne è nata una interdipendenza, negli strumenti e nei linguaggi, che ha prodotto un proficuo scambio di professionalità e che può incrementare le risorse complessive del cinema. Nessuno oggi pensa al cinema come a un settore separato dal mondo dell’audiovisivo. Ma è necessario, perché il dialogo continui e sia proficuo, che il cinema conservi la sua originalità e il suo DNA creativo. È la sfida che impegna tutti voi come del resto i vostri colleghi nel mondo.
È giusto che le istituzioni vi sostengano in questa sfida, come è stato annunziato. Un capitolo significativo del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza è dedicato allo sviluppo dell’industria cinematografica. Mi auguro che trovi attuazione nel confronto e nell’impegno convergente di tutti i protagonisti del mondo del cinema e dell’audiovisivo, come già è avvenuto quando fu varata la nuova legge sul cinema. Istituzioni, operatori, aziende del settore unite nell’obiettivo di rafforzare le produzioni nazionali. Di migliorarne la qualità. Di conseguire una migliore efficienza e competitività dell’intero sistema.
Il progetto di potenziare Cinecittà – e con essa il Centro sperimentale di Cinematografia – può diventare elemento propulsivo della ripartenza. Attrarre a Cinecittà produzioni nazionali, europee, internazionali, aumentare il potenziale degli studi e anche la loro strumentazione digitale, è un investimento che può restituire molto al Paese, in termini di cultura, di lavoro di qualità, di prestigio nel mondo.
I David di oggi guardano al futuro.
L’arte, la creatività, la cultura non possono fare a meno di respirare la volontà di costruire il domani. Il pubblico si riconosce nelle storie del cinema. E vuole continuare a sognare, a pensare, a emozionarsi, ad appassionarsi. Il cinema è una rete di connessione che ci fa sentire partecipi della comunità, del suo vissuto e delle sue speranze per il futuro.
Non si fanno auguri, come è noto. Ma l’augurio più grande e corale riguarda il domani del cinema. Che sarà certamente bello, come la sua storia è stata bella, e andrà oltre la sua storia.
Buona serata dei premi!
Grazie a tutti per il vostro impegno.