Riprendiamo l’articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia
Visionario e grottesco, ironico e irriverente. Mirabile sceneggiatore e maniaco del dettaglio di una pittura al contempo colta e pop: florida di citazioni e fiorita di sberleffi e caricature all’indirizzo di potenti e potentati. Si intitola “Momò Calascibetta. L’ironia del disincanto” (Convento del Carmine, 2 aprile – 4 giugno 2023, inaugurazione domenica 2 aprile, ore 18) ed è la mostra con cui, a pochi mesi dalla prematura scomparsa, la Pinacoteca di Marsala rende omaggio all’artista (Palermo 1949 – Erice 2022) che scelse questa città – la sua luce, il suo mare, i suoi vibranti tramonti sulle saline – di ritorno in Sicilia dopo trentacinque anni trascorsi a Milano.
La mostra – organizzata dall’Ente Mostra di Pittura Contemporanea “Città di Marsala” in collaborazione con l’associazione Art Momò e con il patrocinio del Comune di Marsala – avvia il nuovo corso dell’istituzione diretta da Felice Licari e il cui Consiglio di Amministrazione è stato nominato nell’ottobre 2021 dal sindaco Massimo Grillo che sottolinea: “È un piacere ed un onore ospitare a Marsala la prima mostra dedicata a Momò a meno di sei mesi dalla sua scomparsa. Calascibetta è un figlio illustre della nostra terra che nel silenzio magico del suo studio di contrada Cutusio ha detto molto su tutti noi, muovendosi con passo leggero in un immaginario sospeso fra mito e realtà”. In carica fino al 2025, il CdA è presieduto dall’avvocato Riccardo Rubino e dai consiglieri Gina Bonasera, Achille Sammartano, Rossella Giglio ed Enrico Caruso, nel ruolo di vicepresidente. “Non è un caso – commenta il presidente Rubino – che la prima mostra in ricordo di Momò Calascibetta sia organizzata qui a Marsala. Città che lui aveva scelto come sua casa da molti anni E non è un caso anche e soprattutto in funzione del suo lavoro, perché la sua arte ha saputo creare un ponte fra i miti degli antenati e il nostro presente.
Curatore del progetto espositivo su Momò è Enrico Caruso, architetto e già direttore dei Parchi archeologici di Morgantina, Monte Iato, Selinunte e Lilibeo-Marsala oltre che ex Soprintendente dei Beni Culturali e Ambientali di Trapani, che per gli spazi del Convento del Carmine ha immaginato due macrosezioni scandite in dieci nuclei narrativi. Oltre settanta le opere in mostra che, dal 1983 – quando iniziò l’avventura a Milano – fino all’estate del 2021, anno dell’ultima mostra al Museo Riso di Palermo, punteggiano l’arco narrativo di un’intera esistenza votata all’arte e alla pittura che ha preso il via a Palermo, con la prima mostra a Palazzo Vescovile curata da Maurizio Calvesi nel 1976, quindi a Milano a inizi anni Ottanta: una strategica piattaforma di lavoro da dove Calascibetta – architetto per formazione, artista autodidatta per vocazione – ha partecipato ad eventi d’arte nazionali e internazionali che hanno attirato l’attenzione di critici e personalità della cultura milanese come Mario De Micheli, Vincenzo Consolo, Gillo Dorfles, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio e culminati nel 2002 con la mostra–evento “Terromnia”, a cura di Philippe Daverio.
Al Convento del Carmine di Marsala la narrazione prende il via dal 1983, con il libro d’arte “Una commedia siciliana”, un racconto di Sciascia stampato a tiratura limitata e corredato da nove acqueforti di Calascibetta (oltre alle illustrazioni di Bartolo di Raffaele) che sarà esposto al Convento. “Osservatore attento ma certamente non neutro – spiega Caruso – Momò offre uno sguardo critico verso gli eventi che lo circondano e verso cui guarda attraverso la sua sottile e profonda vena ironica e, a volte, anche scanzonata. È consapevole della rovina quotidiana dell’umanità, verso cui nessun singolo può operare modifiche mentre all’artista è dato di segnalare i fatti, evidenziandone la scelleratezza e denunciandone la stoltezza. Per Momò tutto ciò è narrato con il disincanto di chi, da lontano e con un certo distacco, osserva l’umanità ridurre la propria vita in un “non impegno” sempre presente, dove le donne e gli uomini si mostrano come maschere da circo, ludicamente immersi in piena e perenne atmosfera festaiola”.
Dell’arte di Momò Calascibetta hanno scritto innumerevoli critici e scrittori. A cominciare da Sciascia che definisce la sua pittura come “il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità (…)”; mentre Gesualdo Bufalino, a proposito del ciclo “Comiso Park” – raccolta di opere degli anni Ottanta in cui Momò denunciava nel suo stile la base missilistica della Nato nella bucolica terra iblea – scrisse nel 1985: “Con compiacimento di satiro greco mi mostrò la fantasmagoria orgiastica di giostre in movimento, gravate da una sessuata umanità sessuofobica e raccapricciante, sfacciata e tracotante, dilettuosamente lussuriosa e delittuosamente impegnata nelle danze della vita o della morte che l’America viene a giocare a casa mia: Comiso. Ed io non me ne ero accorto?”. Fino a Philippe Daverio, grande estimatore dell’arte di Momò tanto da aver voluto l’opera “Il gelato di Tarik” come scenografia della popolare trasmissione televisiva Passepartout (Rai3, anno 2005), e che nel 1994 per “Piazza della Vergogna”, dedicata al celebre complesso monumentale di Piazza Pretoria a Palermo, spiega come Momò rappresenti queste immagini “nella forza calma dei suoi personaggi, nella sua dolcezza rude con la potenza delle sue abilità grafiche”.
Alla mostra è dedicato un catalogo, in vendita al Convento del Carmine. Visite dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19. Ingresso libero. In occasione della Pasqua, domenica 9 aprile, la mostra sarà aperta solo nel pomeriggio. Chiusi per il lunedì di Pasquetta.