Nell’ambito delle rinnovate attività di programmazione di valorizzazione in attuazione al nuovo concept che prevede un coinvolgimento percettivo e sensoriale, il 27 gennaio 2023 in occasione del Giorno della Memoria, giornata istituita in Italia nel 2000, allo scopo di ricordare la Shoah, le leggi razziali e le persecuzioni degli ebrei, i Musei di Baglio Anselmi e Parco Archeologico di Lilibeo sentono il dovere di dare il loro contributo alla cultura ebraica, e al ricordo della tragedia che l’ha sconvolta durante la seconda guerra mondiale, attraverso la realizzazione di manifestazioni ed eventi che ne determinano l’infungibilità.
Nelle Sale dei Musei di Baglio Anselmi la direzione del Parco introdurrà a un momento di confronto e di riflessione condotto Don Marco Renda, esperto di cultura ebraica, sulla menorah, segno della memoria di questo antico popolo.
Sarà realizzata e inaugurata una mostra temporanea di lucerne che datano dal tardo antico (III sec. d.C.) al paleocristiano (VI sec. d.C.), con una luce puntata sulle lucerne ebraiche caratterizzate dalla rappresentazione della menorah, il candelabro a sette bracci divenuto, intorno al III sec. d.C. simbolo della fede giudaica la cui presenza ebraica a Lilibeo risale al periodo romano-imperiale (III sec. d.C.) e sembra di origine africana (Cartagine), come documentano le lucerne rinvenute in diversi settori della città tardo-antica e nelle aree cimiteriali che si sovrapposero alla necropoli punico-romana.
‘’Luci nelle tenebre’’ le lucerne rappresentano il segno della fede che accompagnò il popolo ebraico, nelle millenarie peregrinazioni e persecuzioni dall’esilio babilonese alla deportazione e sterminio nei campi di concentramento nazisti.
La visione degli oggetti d’uso legati alla mostra temporanea sarà accompagnata da sonorità e percezioni sensoriali attraverso la performance “Klezmer e viaggi mediterranei” diretto dal “Mattaliano clarinetto quartet”
Sarà possibile visitare la mostra fino al 5 febbraio con modalità ticket ordinario a partire dal 28 gennaio
Giorno 27 l’accesso ai musei e al parco sarà gratuito–
URP – Parco Archeologico di Lilibeo-Marsala
“KLEZMER e viaggi mediterranei”
Concerto per la Shoah al museo archeologico LILIBEO di Marsala ore 17.30 in scena
con il MATTALIANO Clarinet Quartet composto dai musicisti:
- Giovanni Mattaliano clarinetto e composizioni
- Salvatore Spera clarinetto
- Pasquale di Pasquale clarinetto
- Antonino Anzelmo clarinetto basso.
Nel giorno della Shoah, il musicista improvvisatore e compositore Giovanni
Mattaliano docente di clarinetto jazz al Conservatorio Scarlatti di Palermo, omaggerá
al pubblico del Museo archeologico LILIBEO di Marsala, una performance con il suo
originale quartetto di clarinetti che porta il suo nome. Musica dedicata alla vita ed alla
bellezza dell’umanità per meditare sulla tragedia della seconda guerra mondiale che
ha molestato la pace interiore dell’essere umano con la morte di milioni di ebrei e non
solo. In programma una spirituale e festosa “Klezmer Suite” di Coen Wolfgram,
adornata dalle musiche mediterranee composte dallo stesso Mattaliano dal titolo
“Accra” omaggio all’Africa ed alle sue danze tradizionali, creative e festose. Una
composizione dal titolo “Luz” che dall’ebraico significa nocciolo dell’immortalità,
quel nocciolo indistruttibile venne chiamato luz, che in aramaico è appunto il nome
del coccige, perché nel Talmud, testo classico dell’ebraismo, è associato con la città
di Luz, dove secondo la leggenda era popolata da abitanti immortali. Ancora in
programma alcune composizioni dal titolo “Nativi” dedicato al popolo indiano, “Ciao
bella” una composizione originale omaggio al tema di Bella ciao che Mattaliano ha
presentato di recente al festival Europeo di Cracovia. Il brano “Kasba” dedicato al
popolo arabo, “Spirit” omaggio all’abbraccio tra i popoli e in fine una preghiera
dedicata a tutti gli artisti della memoria dal titolo “Viaggiando”. Durante la
performance verrà eseguita una canzone in forma strumentale di Vinicio Capossela
dal titolo “Non è l’amore che va via”.
LE LUCERNE
La lucerna è un utensile nel quale si brucia olio o sego per mezzo di uno
stoppino, per produrre la luce. La sua invenzione data da tempi remoti. Le
sue possibilità di impiego erano quasi illimitate. Servivano per
l’illuminazione della casa, del tempio come ex voto oppure nelle terme,
spesso era posta sulla tomba nei giorni della commemorazione del defunto
oppure come dono per accompagnare il morto nel viaggio ultraterreno.
Le lucerne più antiche ritrovate a Lilibeo (puniche o greche) non erano
decorate, quelle greche avevano soltanto degli anelli intorno alla spalla che
servivano da decorazione ed erano rivestite di vernice nera. Le lucerne
ellenistiche, invece, avevano la spalla più grande e presentavano dei motivi
decorativi a rilievo come foglie di olivo, delfini o putti. Le lucerne romane
si svilupparono organicamente da quelle ellenistiche, le raffigurazione
sulla loro spalla variavano dai personaggi mitologici: dèi, semidei, eroi,
oppure oggetti e scene di culto, come altari e sacrifizi; scene di circo, di
combattimenti di gladiatori, combattimenti con bestie feroci, animali,
piante ecc.
Per gli ebrei e per i cristiani essa diviene l’immagine della luce divina e,
simbolo di rinascita e resurrezione.
In occasione del Giorno della Memoria, viene presentato il nutrito corpus
di lucerne tardo-antiche rinvenute negli scavi di Lilibeo, già esposto nella
vetrina dedicata, che mostra alcune lucerne che datano dal II sec. d.C. al V
sec. d.C. con rappresentazioni che rimandano al mondo pagano, come le
più antiche, sia al mondo ebraico e cristiano, rispecchiando la caratteristica
multietnica della città durante questi secoli.
Erano oggetti molto diffusi nei cimiteri tardo antichi e nelle catacombe
cristiane e la loro funzione e la loro forma rimangono le stesse col passare
dei secoli, alcune di esse possono essere identificate come ebraiche in
quanto sulla spalla è raffigurato il candelabro a sette bracci (menorah).
Le lucerne ebraiche, alle quali l’esposizione è stata dedicata, rappresentano
in modo simbolico il segno della fede che accompagnò il popolo ebraico
nelle peregrinazioni e persecuzioni della sua storia millenaria, dall’esilio
babilonese alla deportazione e allo sterminio nei campi di concentramento
nazisti.
La comunità ebraica di Marsala nel Medioevo
La comunità giudaica di Marsala fu senz’altro una delle più importanti
della Sicilia, prospera quasi al pari di quella di Trapani.
Era dedita alle attività commerciali e artigianali, tra le quali la tessitura la
lavorazione dei metalli, la produzione ed esportazione del salnitro (per la
polvere da sparo), ma anche all’esercizio della professione notarile e
medica.
La comunità non era relegata in un vero e proprio ghetto ma si concentrava
tra la Platea Judeorum (attuale via S. Frisella) e la Ruga Judayce (via A.
D’Anna), vicino a chiese e conventi della comunità cristiana: la sinagoga
si trovava tra queste due strade, di fronte alla chiesa del SS. Salvatore e
accanto al Monastero di Santo Spirito, sede delle benedettine e poi dei
domenicani.
Alcuni documenti menzionano anche la collocazione di un bagno per la
purificazione delle donne, ubicato in località Conzaria, ed il cimitero che si
estendeva fuori dalla cinta muraria, in un terreno prospiciente il mare
compreso tra il bastione di Sant’Antonio e la Porta Mazara.
Nel 1492 al momento della loro espulsione, sappiamo che la comunità
ebraica contava ben 265 nuclei familiari, pari a circa 1.500 individui.
Molti si convertirono per rimanere e salvare i propri beni, altri si
raccolsero nel porto di Marsala insieme agli ebrei di Pantelleria e di terre
vicine per dirigersi in Calabria e a Napoli.