Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Cerimonia di consegna delle insegne di Cavaliere dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” ai Cavalieri del Lavoro nominati il 2 giugno 2022
Palazzo del Quirinale
Rivolgo un saluto molto cordiale alle presidenti del Senato e della Corte costituzionale, al vicepresidente della Camera, al ministro del lavoro, al presidente del CNEL, a tutti i presenti.
Ringrazio il ministro dello sviluppo economico, Giorgetti, e il vicepresidente della Federazione.
Saluto i Cavalieri che hanno raggiunto i venticinque anni dal riconoscimento.
E saluto, naturalmente, con grande cordialità, i nuovi Cavalieri del lavoro, che con il loro impegno danno forza alla nostra economia e alla nostra società, contribuendo alla crescita civile dell’Italia e al suo prestigio nel mondo, con l’innovazione di cui sono protagonisti e con i posti di lavoro creati.
I complimenti più grandi ai giovani Alfieri del Lavoro che hanno raggiunto livelli di eccellenza nel loro percorso di studio.
La suggestione di questa cerimonia proviene dall’incontro tra uomini e donne di impresa che hanno saputo conquistare posizioni di rilievo e giovani che promettono di mettere a frutto risorse di intelligenza e di creatività.
L’incontro fra generazioni, la trasmissione delle esperienze, l’investimento di fiducia sui più giovani rappresentano momenti preziosi di una società che vuole essere dinamica e giusta, capace di tenere insieme i valori fondativi e la necessaria spinta al futuro.
In questo modo si contribuisce alla coesione sociale.
E di coesione, di senso della comunità, abbiamo molto bisogno.
È un fattore primario di sicurezza.
Ci unisce e difende nei momenti e nei passaggi più difficili, come ha sottolineato poc’anzi il vicepresidente Sassoli de Bianchi.
Ci consente di procedere più spediti nelle fasi di crescita.
L’esperienza della dura crisi che abbiamo attraversato, con le drammatiche conseguenze della pandemia, ci ha insegnato che la solidarietà interna ed europea, il sostegno a chi si trova nel maggiore bisogno, gli interventi volti a curare le ferite sociali sono fattori di resilienza essenziali per la ripartenza, per la tenuta delle istituzioni democratiche e per l’equilibrio degli stessi mercati economici.
Adesso una nuova crisi umanitaria e politica, per certi aspetti ancora più grande, ha colpito l’Europa.
Una guerra sciagurata, che la Federazione Russa ha scatenato arrogandosi un inaccettabile diritto di aggressione, lascia ogni giorno una scia di morte e distruzione, di odio, che inquina anche ogni campo delle attività civili e delle relazioni.
La pace è urgente e necessaria.
La via per costruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino.
L’Europa è un bersaglio di questa guerra.
Ne sono sfidati i principi di civiltà, i valori che si sono affermati come risposta dei popoli alla barbarie della Seconda guerra mondiale e delle dittature che l’hanno provocata.
Anche per questo l’Europa ha il dovere di una risposta unitaria e coerente.
Ne è stata all’altezza con le sanzioni economiche alla Russia, con il sostegno alla resistenza dell’Ucraina e ai bisogni materiali della sua popolazione.
Vediamo, tuttavia, che la nostra Europa fatica a esprimere una politica di solidarietà e di coesione sulle conseguenze economiche e sociali di questa guerra.
Assistiamo a un’impennata dei prezzi dell’energia che è attribuibile soltanto in parte a scarsità di approvvigionamenti, ma trova radice in azioni speculative che minacciano la vita di migliaia di aziende e mettono in allarme tantissime famiglie.
A questo va posto rimedio.
Si palesano i rischi di emarginazione sociale, di recessione, di inflazione, con impoverimento della base produttiva del Paese. Nel nostro, come in tutti i Paesi europei.
L’Unione europea ha saputo rispondere con forti iniziative comuni alla pandemia e ai duri contraccolpi sociali ed economici che ne sono derivati.
Lo ha fatto con scelte coraggiose, di portata e contenuti inediti.
Si è trattato di una svolta maturata proprio nel segno della condivisione dei rischi e delle politiche necessarie alla ripartenza.
Questa scelta ha dato respiro all’Unione europea, riconciliando anche le istituzioni con i suoi cittadini.
Non c’era stata analoga capacità durante le crisi finanziarie – di portata globale – degli anni Duemila.
Con la pandemia l’Europa ha dimostrato di saper imparare dai propri errori e di voler governare le condizioni difficili.
Occorre proseguire con questo intento anche nell’attuale crisi.
Le ragioni del mercato dell’energia sembrano creare ostacoli, ma la responsabilità delle istituzioni è esattamente quella di rimuoverli.
Soltanto l’Unione Europea ha la forza per farlo, intervenendo sugli automatismi dei prezzi, sui rialzi spropositati, sulle speculazioni intollerabili a danno dei cittadini: imprese e famiglie vanno protette nelle fasi più acute della crisi perché diversamente si pregiudica il domani.
Come è avvenuto con la pandemia, vanno progettati fin d’ora, e messi in campo, gli strumenti per favorire la ripresa.
Il raffreddamento dei prezzi delle materie prime energetiche deve combinarsi con il potenziamento del Piano europeo per l’energia che, con il coinvolgimento della Banca Europea degli Investimenti, è stato messo in campo per affrontare la crisi.
Comprendendo che l’illusione di risposte nazionali su questo terreno è destinata a restare tale, l’Europa ha deciso di adottare politiche straordinarie per accompagnare la ripartenza e per accelerare verso la sostenibilità e l’innovazione, in modo da rendere il Continente un’avanguardia dell’economia di domani.
E ha puntato sull’Italia, alla quale è stato accordato il pacchetto finanziario più consistente nel finanziamento ai Piani nazionali di ripresa e resilienza.
Non possiamo perdere questa sfida.
È stato compiuto il primo tratto del percorso, si deve proseguire rispettando tempi e impegni.
Non possiamo dissipare questa opportunità di rinnovamento e di sviluppo, che è utile per correggere storture antiche e accelerare le necessarie correzioni strutturali alla nostra economia.
Ne va, anche, del nostro ruolo in Europa, che deve essere trainante.
Essere imprenditori di successo richiede di essere consapevoli del contesto in cui si opera.
Come ci ha appena ricordato il ministro Giorgetti, oggi si celebra il lavoro, con lo sguardo all’impegno dei giovani.
Con il lavoro vostro, e dei collaboratori che vi affiancano, avete generato opportunità e benessere.
La qualità del nostro modello di vita è largamente plasmata dal valore sociale delle imprese, elemento fortemente sottolineato dalla nostra Costituzione.
Istituzioni, imprese, corpi sociali: tutti hanno una funzione e una responsabilità nella ripartenza economica e sociale.
Alle imprese il compito della innovazione della base produttiva, di dare corpo alla crescita.
La Repubblica riconosce e apprezza il loro ruolo. Dalla loro attività dipendono in larga misura i progetti di vita delle famiglie italiane.
Ci presentiamo con risultati straordinari di crescita del Prodotto interno lordo.
Vi ha accennato poc’anzi il vicepresidente della Federazione Cavalieri del Lavoro.
A consuntivo, per incremento di Pil rispetto al quarto trimestre 2019 – antecedente lo scoppio della pandemia – siamo la terza economia del G7, dopo Stati Uniti e Canada.
Pesano oggi nuove incognite, si preconizzano orizzonti foschi, ma occorre saper partire da questi eccellenti risultati ottenuti per costruire con fiducia il futuro.
Molte aziende italiane sono avanguardie di innovazione.
Si trovano nei gruppi di testa di comparti produttivi.
Tutto questo ci incoraggia sulle nostre capacità e potenzialità. Per rendere più moderno il Paese, recuperando anche le energie sottoutilizzate, a partire dalle aree di desertificazione produttiva e di strutturale carenza di servizi che rappresentano un impedimento per una crescita equilibrata.
I Cavalieri del Lavoro sono protagonisti di un impegno che accresce le possibilità di tutti.
Una forza positiva che avverte l’urgenza di trasmettere i propri valori.
Vorrei, allora, rivolgere un invito.
Viviamo un tempo di preoccupazione: non lasciamo che sia questo sentimento a trattenerci dall’applicarci con fervore alle nostre missioni, nell’interesse dell’Italia.
La nostra fiducia, la nostra speranza, sono poggiate sulle doti di ingegno e intelligenza e sulle grandi risorse umane e morali che ha il nostro popolo, aperto all’incontro con gli altri, desideroso di armonia e di solidarietà.
Disponiamo di basi solide per pensare il futuro e per costruirlo insieme.
Foto tratta dalla Galleria del Quirinale