Ovvero di come spesso gli adulti puntano il dito sulle nuove generazioni senza rendersi conto dell’errore che commettono…
Può succedere. Può succedere che la tasca della giacca non sia ben chiusa e che il telefono scivoli via. Può succedere ed è successo a me poco tempo fa, quando ho scoperto solo al mattino di aver perso la notte prima il mio cellulare chissà dove. Può succedere però che un episodio di per sé fastidioso che comporta una serie piuttosto vasta di disagi (telefono da ricomprare, password da cambiare, numeri e messaggi da recuperare, agenda da rifare…) si tramuti in un’occasione per essere ottimisti e pure fiduciosi. Perché ottimisti e fiduciosi? Perché l’ho ritrovato in un modo che mi rende felice ben oltre il ritrovamento dell’oggetto in sé stesso.
Può succedere infatti che lo trovino per caso un gruppetto di ragazze e ragazzi di circa 16 anni, sulla via di casa intorno alle due o tre di un venerdì notte di festa dopo essersi divertiti come è giusto che si faccia a quell’età. Ma anche e soprattutto a compiere buone azioni, quelle “gentilezze a casaccio” di cui spesso si legge sui social network che uno si chiede che chissà se poi qualcuno le compie davvero. E invece succede.
Il gruppetto infatti, dopo alcuni tentativi infruttuosi con Carabinieri e Polizia che non sanno consigliare loro cosa fare, riesce a sbloccare il telefono (chissà come, visto che è necessaria la mia impronta digitale…) e a risalire al numero di mia mamma. La chiamano e, data l’ora tarda, lei sulle prime si preoccupa. Ma la tranquillizzano: “Non è successo niente a suo figlio, abbiamo solo ritrovato questo telefono e vogliamo restituirlo, scusi l’ora”. Il telefono di mamma si spegne, la sua batteria era al lumicino. Il gruppetto però non si perde d’animo e chiama il numero in rubrica alla voce “Papà”. Risponde nuovamente mia madre, visto che mio padre non si sveglierebbe neanche a Dresda il 13 febbraio del ’45.
“Signora, siamo ancora noi. Dove possiamo portarle il telefono?”. La mamma, passato lo spavento iniziale e tranquillizzata a dovere da questi giovani, ed in particolare da una ragazza del gruppo, fornisce loro l’indirizzo di casa e nel cuore della notte avviene lo scambio tra lei incredula e la simpatica brigata di adolescenti determinatissimi a portare a compimento la loro missione. Io, nel frattempo, sto dormendo ignaro di tutto…
Al mattino seguente mia madre mi raggiunge a casa mia per riportarmi il telefono del quale avevo già avviato le disperate ricerche. E mi racconta di questi ragazzi, della loro gentilezza, dei loro modi garbati e della loro buona azione.
La conclusione scatta all’unisono: “Ecco, vedi, a volte si parla male delle nuove generazioni e invece ci sono ragazzi cortesi, altruisti ed educati come si deve. Magari se lo avesse ritrovato qualcuno un po’ più anziano, probabilmente l’avrebbe intascato senza farsi troppi problemi…”.
Morale della vicenda: in un periodo come questo in cui a soffrire di tutte queste restrizioni sono soprattutto i più giovani, spesso su di loro si punta il dito per tacciarli di essere indisciplinati e votati solo al divertimento. Non è proprio così, perché là fuori ci sono giovani donne e giovani uomini che hanno tutto il diritto a crescere e stare insieme in spensieratezza come abbiamo fatto noi e, quando lo fanno, non è solo per perdere tempo in attività futili, ma anche a rendersi utili ed aiutare.
E allora grazie ragazzi, il futuro è vostro, date l’esempio ai vostri coetanei e perdonate gli adulti quando adulti sbagliano. Lo sapete già che di sbagli ne facciamo parecchi, soprattutto in questo periodo in cui vi costringiamo attraverso la stramaledetta DAD e le continue chiusure e riaperture a rinunciare alla cosa più naturale del mondo: al diritto di crescere e fare esperienze insieme ai vostri amici.
PS: cari genitori, ogni tanto lasciateli pure smanettare coi telefoni ‘sti ragazzi che non si sa mai che un giorno quello che imparano tornerà utile a loro e anche al prossimo. Come è successo a me.
Daniele Pizzo