Leggi alla mano sembra non rispettare il Codice della Strada, la Legge 208/1991, la Legge 366/1998 e infine il D.M. 557/1999. Se l’opera non fosse conforme che ne sarà del finanziamento (di oltre 1 milione e cento mila euro) stanziato per la sua realizzazione?
La realizzazione di piste ciclopedonali è regolamentata dalla legge 28 giungo 1991 n. 208 (“interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili e pedonali nelle aree urbane”), dalla legge 19 ottobre 1998, n. 366, (“Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”), dal Codice della Strada e dal D. M. n. 557/1999 “Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”.
L’art. 1 del D. M. 557/1999 classifica i percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti: a)in sede riservata (pista ciclabile in sede propria o su corsia riservata); b)in sede ad uso promiscuo con pedoni (percorso pedonale e ciclabile); c)in sede ad uso promiscuo con veicoli a motore (su carreggiata stradale).
Nella norma sono poste le finalità essenziali in ordine alla sicurezza e alla sostenibilità ambientale della mobilità, con attenzione all’interesse generale di natura economica, paesaggistica, turistica, da perseguire in maniera organica.
L’art. 2
dispone che le finalità ed i criteri da considerare a livello generale di pianificazione e dettagliato di progettazione, nella definizione di un itinerario ciclabile sono:
a) favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale, alternativa all’uso dei veicoli a motore nelle aree urbane e nei collegamenti con il territorio ,con preminente riferimento alla mobilita’ lavorativa, scolastica e turistica;
b) puntare all’attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell’itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull’origine e la destinazione dell’utenza ciclistica;
c) valutare la redditività dell’investimento con riferimento all’utenza reale e potenziale ed in relazione all’obiettivo di ridurre il rischio d’incidentalità ed i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico;
d) verificare l’oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell’utenza, secondo le diverse fasce d’età e le diverse esigenze, per le quali è necessario siano verificate ed ottenute favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi.
La pista ciclopedonale dello Stagnone non appare coerente con alcuna delle indicazioni contenute nell’art. 2: essa è distante circa km. 3 dal centro urbano dal quale è raggiungibile solamente attraverso la SP 21,(strada ad alta densità di traffico automobilistico e assai pericolosa da transitare con biciclette o a piedi essendo sprovvista di marciapiedi).
L’art. 3
prevede che gli enti locali al fine di predisporre interventi coerenti con le finalità ed i criteri anzidetti debbano dotarsi di un piano della rete degli itinerari ciclabili e di progetti degli itinerari ciclabili che prevedano anche, ove necessario, la riqualificazione dello spazio stradale circostante, oltre che di assicurare la sicurezza della mobilità ciclistica nei punti di maggior conflitto con i pedoni e i veicoli a motore.
Lo stesso articolo prevede che per i comuni (con oltre 30.000 abitanti) che sono tenuti alla predisposizione del Piano urbano del traffico (PUT), ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il piano della rete ciclabile deve essere inserito in maniera organica, quale piano di settore, all’interno del PUT, secondo le indicazioni delle direttive ministeriali pubblicate nel supplemento ordinario n. 77 alla Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1995.
Nel caso in esame al tempo in cui è stato redatto ed approvato il progetto e richiesto il finanziamento dell’opera, pare che il Comune di Marsala, pur avendone l’obbligo , non fosse dotato di un Piano del Traffico Urbano e neppure di un più modesto piano della rete degli itinerari ciclabili: l’assenza del PUT potrebbe aver prodotto una carente valutazione dell’adeguatezza dell’opera rispetto alla complessità del modello di organizzazione della circolazione delle altre componenti di traffico e la compatibilità con l’assetto viario complessivo dell’area interessata , con le altre modalità di trasporto e con la sicurezza del traffico.
L’art. 4
del D. M. 557/1999 prescrive le caratteristiche progettuali che deve avere la pista ciclabile nelle sue diverse tipologie.
La pista ciclabile è distinta in tre tipologie:
a) sede propria: ad unico o doppio senso di marcia, qualora la sua sede sia fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a motore ed ai pedoni, attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili;
b) corsia riservata ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma a destra rispetto a quest’ultima corsia, qualora l’elemento di separazione sia costituita da un delimitatore;
c) su corsia riservata ricavata dal marciapiede, ad unico o doppio senso di marcia, qualora l’ampiezza ne consenta la realizzazione senza pregiudizio per la circolazione.
Essa può essere all’interno del centro abitato o di collegamento fra centri abitati limitrofi e rispondere ad esigenze di decongestione del traffico o turistiche e ricreative.
La pista ciclopedonale dello Stagnone non può definirsi né un itinerario posto all’interno del centro abitato né di collegamento con i centri abitati: essa per essere fruibile da chi non risiede nelle immediate adiacenze, ed in particolare per chi risiede nel centro urbano cittadino è raggiungibile in bicicletta utilizzando la SP 21, strada di intenso traffico autoveicolare extraurbana che non dà alcuna misura di sicurezza al ciclista ed al pedone, essendo sprovvista di marciapiedi.
La pista dunque è raggiungibile in sicurezza solamente caricando la bicicletta sull’auto o altro mezzo di trasporto: tale circostanza necessiterebbe l’esistenza di ampie zone di parcheggio limitrofe alla pista ciclabile, che allo stato non esistono ed è assai improbabile che possano essere realizzate, sia per mancanza di spazi idonei sia per la normativa vigente nella “Riserva”.
La pista ciclopedonale dello Stagnone rientra fra le piste ciclabili su corsia riservata ricavata dalla carreggiata stradale, senza una separazione fisica invalicabile.
Sull’uso promiscuo pedoni – ciclisti, l’art. 4 al capo 5 prevede che i percorsi promiscui pedonali e ciclabili, debbano essere realizzati, di norma, all’interno di parchi o di zone a traffico prevalentemente pedonale.
I percorsi promiscui pedonali e ciclabili possono essere realizzati su parti della strada esterne alla carreggiata, rialzate o altrimenti delimitate e protette, usualmente destinate ai pedoni.
La parte della strada che si intende utilizzare quale percorso promiscuo pedonale e ciclabile deve avere:
a) larghezza adeguatamente incrementata rispetto ai minimi fissati per le piste ciclabili all’articolo 7;
b) traffico pedonale ridotto ed assenza di attività attrattrici di traffico pedonale quali itinerari commerciali, insediamenti ad alta densità abitativa, ecc.
Nessuna di queste condizioni è riscontrabile nel lungomare Stagnone, onde è da ritenere che non dovrebbe essere consentito tale uso promiscuo.
Infatti la larghezza della pista ciclabile non è stata incrementata rispetto ai minimi previsti dall’art. 7 ed anzi in più parti è al di sotto del minimo; per almeno sei mesi l’anno vi è una elevata densità abitativa.
L’art. 4
prevede: a) la realizzazione di pendenze che consentano il deflusso delle acque dalla sede stradale e opere di raccolta delle acque meteoriche;b) l’apposizione della specifica segnaletica stradale: tradizionali cartelli (segnaletica verticale), le strisce (segnaletica orizzontale), le segnalazioni di ogni restringimento della corsia, gli impianti semaforici, le indicazioni degli attraversamenti ciclabili, le colonnine luminose alle testate degli elementi spartitraffico fisicamente invalicabili, i delineatori di corsia;c) la realizzazione di un’adeguata illuminazione stradale: in particolare gli impianti speciali per la visualizzazione notturna degli attraversamenti che debbano tener conto ed evitare zone d’ombra, ecc.; d)l’installazione delle attrezzature di arredo della pista: le rastrelliere per la sosta dei velocipedi e, specialmente sulle piste ad utilizzazione turistica, panchine e zone d’ombra preferibilmente arboree, fontanelle di acqua potabile, punti telefonici od in alternativa indicazione dei punti più vicini;e)zone di parcheggio attrezzato ,tenuto conto dell’inevitabilità che la pista venga raggiunta caricando la bicicletta sull’auto.
Allo stato nessuna di queste caratteristiche accessorie sembrano essere previste.
L’art. 6
del D. M. 557/1999 prescrive i principali standards progettuali per le piste ciclabili.
Quella dello Stagnone è una pista su corsia riservata ricavata dalla carreggiata stradale.
Secondo le indicazioni dell’art. 6 lett. b) la pista su corsia riservata ricavata dalla carreggiata stradale deve avere un unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma sulla parte destra rispetto a quest’ultima corsia, qualora l’elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia.
La pista dello Stagnone non sembra rispettare queste prescrizioni.
Secondo la norma citata il doppio senso di marcia della pista ciclabile è possibile sulla carreggiata stradale, qualora l’intensità del traffico ciclistico ne richieda la realizzazione, ma in tale caso le corsie ciclabili devono avere lo stesso senso di marcia e devono essere ubicate sempre a destra rispetto alla contigua corsia destinata ai veicoli a motore.
In ogni caso la regola rimane che non è consentita la realizzazione di piste ciclabili a doppio senso di marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piattaforma stradale.
La pista dello Stagnone in difformità dell’art.6 prevede due corsie con doppio senso di marcia ed in difformità dell’art. 4 prevede l’uso promiscuo pedonale.
L’art. 7
del D. M. 557/1999 definisce la larghezza delle corsie e degli spartitraffico. Il primo comma prevede che, tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine, è pari ad 1,50 mt.; tale larghezza è riducibile ad 1,25 mt. nel caso in cui si tratti di due corsie contigue, dello stesso senso di marcia, (se di opposto senso di marcia rimangono ferme le limitazioni previste dall’art.6), per una larghezza complessiva minima pari a 2,50 mt.
Per le piste ciclabili in sede propria e per quelle su corsie riservate, la larghezza della corsia ciclabile può essere eccezionalmente ridotta fino ad 1,00 mt., con esclusione dell’uso promiscuo pedonale e sempreché questo valore venga protratto per una limitata lunghezza dell’itinerario ciclabile (tale circostanza dovrà essere opportunamente segnalata). Le larghezze di cui ai commi precedenti rappresentano i minimi inderogabili per le piste sulle quali e’ prevista la circolazione solo di velocipedi a due ruote, con esclusione dei pedoni.
Qualora la pista sia destinata ad uso promiscuo ciclo – pedonale , le misure minime debbono essere obbligatoriamente ed adeguatamente incrementate.
Va precisato che nelle misure della larghezza vanno escluse gli spazi occupati dalla segnaletica e dalle linee di demarcazione.
Sebbene le misure minime sono quelle indicate dall’art. 7, tuttavia è opportunamente scoraggiata la realizzazione di piste con corsie al di sotto di mt. 1,50, che va considerata la misura di sicurezza standard.
La pista ciclopedonale dello Stagnone per lunghi tratti è nettamente al di sotto delle misure minime da osservare.
L’art. 8
indica prescrizioni sulle caratteristiche plano – altimetriche, sulle distanze di arresto e sulle lunghezze di visuale libera, sui coefficiente di aderenza longitudinale da relazionare al tipo di pavimentazione adottata, sulle pendenze per il drenaggio delle acque, sui di raggi di curvatura orizzontale, sulla distanza minima di visuale libera e rispetto alla curva, sulle strettoie, sulle curve a raggio minimo.
Tutte prescrizioni la cui osservanza è da verificare, in corrispondenza di numerosi tratti del percorso che non sembrano idonei a rispondere agli standards indicati.
La pista ciclabile realizzata nel Lungomare Spagnola sembra presentare difformità rispetto alle disposizioni normative sulla larghezza, sulle condizioni per poter essere fruita contemporaneamente da pedoni e ciclisti, sulla due corsie a doppio senso di marcia, sul deflusso delle acque, sull’illuminazione, sulle segnaletica (punti di attraversamento pedonale in primo luogo), sulla contiguità con la carreggiata destinata al traffico autoveicolare dalla quale è separata solamente da un delimitatore di corsia, sulla ampiezza delle curve e la visuale libera, sulla mancanza di parcheggi per le autovetture, che possono avere ricadute sulla sicurezza del transito di pedoni, di ciclisti e di autoveicoli.
Emergenze che pongono più di un dubbio sulla regolarità normativa dell’opera e forse sulla sua collaudabilità.
Analisi di fattibilità
tecnico-economica
Infine l’art. 5 del D. M. 557/1999 intitolato “fattibilità tecnico – economica” prevede l’obbligo che il progetto di realizzazione di una pista ciclabile sia corredato da analisi di fattibilità tecnico – economica, secondo criteri e standards enunciati.
Il rilevante impatto dell’opera sull’assetto viario ed economico non soltanto con riguardo ai residenti, ma anche e soprattutto con attenzione alle attività economiche già presenti nell’area del Lungomare, ai flussi turistici da e per le isole della Laguna, alle prospettive di ulteriore incremento e crescita delle attività turistico – ricettive- sportive dell’intera area dello Stagnone, legittima a dubitare se il progetto della pista ciclabile sia stato corredato da analisi di fattibilità tecnico – economica, analisi che involgono, oltre al rispetto dei criteri e degli standars progettuali dianzi illustrati anche i risultati di specifiche valutazioni della redditività degli interventi previsti.
Intanto il Comandante dei Vigili Urbani interdice l’utilizzo della pista perché non collaudata. E se non fosse collaudabile?
La prognosi relativa alla pista ciclabile, fiore all’occhiello dell’Amministrazione Di Girolamo, si complica notevolmente: l’analisi delle norme che regolano la materia delle piste ciclabili evidenzia, infatti, che quella dello Stagnone rispetterebbe poco o nulla le prescrizioni indicate dal legislatore. Detto in altri termini: se i rilievi sollevati fossero giusti, la pista ciclabile non sarebbe a norma. E se la pista non fosse a norma, dunque sarebbe – per così dire – “abusiva”, allora la questione si complica davvero.
Sì, perché a quel punto occorrerebbe smantellare e rimettere tutto per com’era prima. Facile a dirsi, più difficile a farsi. E più difficile ancora da gestire sarebbero pure le conseguenze: cosa ne sarebbe – infatti – del finanziamento europeo?
Ad occhio e croce, non solo bisognerebbe restituire tutto, fino all’ultimo euro, all’Unione Europea, ma ci sarebbe senz’altro anche da spiegare come sia possibile che sia stato approvato un progetto che non rispetterebbe la normativa nazionale. A questo esborso, si aggiungerebbe quello necessario per smontare cordoli e riasfaltare la strada: una manna dal cielo per le Casse del Comune di Marsala che notoriamente può permettersi questo ed altro.
I nostri dubbi si vanno consolidando man mano che si approfondisce la questione.
Il 6 aprile 2021, infatti, il Comandante della Polizia Municipale di Marsala – con ordinanza n. 102 – interdice la pista ciclabile alla pubblica fruizione, pena “l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal C.d.S”. Che significa? Significa semplicemente che non ci si può mettere piede. La risposta al perché è presto detta: la Pista non è stata ancora collaudata.
Tiriamo le somme: pressoché qualsiasi opera pubblica, prima di essere “inaugurata”, deve passare un “collaudo” che – in termini più rupestri – coincide con un controllo della sua funzionalità e corrispondenza ai parametri (normativi, in questo caso). Nel caso della Pista di Di Girolamo, questo passaggio non è ancora stato fatto, sicché ogni passeggiata su quel manto rosso è stata, di fatto, abusiva.
Se gli onori di questa Pista se li è presi l’ex Sindaco Di Girolamo – che il 19 aprile scorso, dimostrando di non aver chiaro come funziona un procedimento amministrativo, si beava del fatto che i marsalesi già beneficiavano di una pista non ancora ultimata (parole sue) – adesso la patata bollente se la ritrovano tra le mani i tecnici incaricati del collaudo: l’Ordinanza n. 102 impone a questi ultimi di “acclarare in via definitiva la rispondenza dell’opera al progetto approvato e satbilire in via univoca la sua destinazione funzionale, sia con riferimento alle possibili modalità di utilizzo che alle categorie di utenti ammessi a fruirne, attenendosi anche alle prescrizioni imposte dal Decreto Ministeriale 557/99 nonché ad ogni altra norma di legge vigente in materia”.
Come marsalesi, resta da sperare che tutto sia davvero in regola: altrimenti significa che l’eventuale danno graverà, come al solito, sulle nostre tasche.