Non so se agire personalmente o costituendo un apposito comitato cittadino per combattere degli inverosimili abusi su un singolare sito balneare e, conseguentemente, sulla storia di Marsala.
C’è un bene, comune a tante generazioni di marsalesi, che negli ultimi anni è stato fruito quasi in modo esclusivo da un gruppetto di persone ben individuate.
Il riferimento è all’estrema punta di Capo Boeo e ai più o meno presunti “proprietari” (li nomino in ordine strettamente alfabetico) Natale Bonventre, Tonino Contiliano, Nino Rosolia, Giacomo Sollazzo, Natale Struppa e qualche altro la cui identità al momento mi sfugge.
In costoro probabilmente è invalsa l’idea di aver acquisito quel bene per usucapione, forse lasciandosi sfuggire che ciò non è possibile con la proprietà demaniale.
Così sembra che si siano venduti una terza parte della zona costiera in questione (a qualche americano, come la Fontana di Trevi in un famoso film di Totò ?) e che abbiano creato danni al manufatto ivi insistente con terribili “capuzzuna a panzata, natati a cuncutrigghiu” ed altre attività più o meno invasive.
E’ certo che hanno fatto circolare liberamente (e artatamente?) la denominazione falsa di “Due Rocche”, sfruttando la compiacenza o la superficialità di chi l’ha ripetuta in “verba” e/o in “scripta”.
Ma ora basta! Perché il limite è stato superato con l’articolo pubblicato su “Il Vomere” del 9 marzo 2021 e titolato “Rischia di crollare la piazzola del lungomare” davanti alle “Due rocche”. Non mi sarei scandalizzato a leggerlo su altro giornale; ma su questo no! Perché sa della classica “stujata” sulla tenda nuova.
In sintesi, non si può fare violenza alla secolare denominazione vera di “Tre Rocche” e, conseguentemente, alla Storia. Quindi nessuno si permetta più di chiamare l’estrema punta di Capo Boeo “Due Rocche” anziché “Tre Rocche”. I trasgressori provino il contrario o rischiano una … querela di falso.
Michele Pizzo