Inverno demografico. Si è svolto a Roma un seminario della “Fondazione Sapienza” dedicato al crollo della natalità in Italia

Inverno demografico. Si è svolto a Roma un seminario della “Fondazione Sapienza” dedicato al crollo della natalità in Italia

Un segno tangibile del pessimismo imperante e dello spirito del tempo, l’evidenza empirica di un trend inarrestabile associato al declino della fiducia nel futuro: tutto questo è il cosiddetto baby bust, il ‘disastro delle nascite’, fenomeno globale che ha conosciuto un preoccupante incremento dopo la pandemia, ma che ha senza dubbio cause più risalenti e profonde. Proprio per tale motivo è
indispensabile interpellare le Istituzioni, il mondo dell’Accademia e la società invitandole a un’analisi urgente capace di orientare le necessarie decisioni politiche. E’ stata la denatalità il tema al centro del seminario organizzato dalla Fondazione Roma Sapienza: “La sfida alla denatalità al tempo della Next Generation”, incontro realizzato in collaborazione con La7, che si è svolto giovedì
25 marzo e ha visto alternarsi al tavolo dei relatori Elena Bonetti, Ministro per le pari opportunità e la famiglia, Gian Carlo Blangiardo, Presidente ISTAT, Alessandra De Rose, ordinaria di Demografia Sapienza Università di Roma e Carla Collicelli, Ricercatrice Senior, Associata CID-CNR. Coordinato dal Vicedirettore del Corriere della Sera Antonio Polito, il seminario è stato introdotto dalla Rettrice dell’Università La Sapienza Antonella Polimeni e dal Presidente di Fondazione Sapienza Eugenio Gaudio.
A parlare sono i dati: già prima dell’inizio dell’emergenza Covid, l’Italia aveva uno dei tassi di natalità più bassi del mondo. A dicembre 2020 le nascite erano scese del 21,6% rispetto al 2019 con un numero complessivo di nuovi nati poco al di sopra dei 400.000, il più basso dal 1861. Ma il crollo del tasso di natalità sembra non avere motivi legati esclusivamente all’emergenza, al clima di paura e di sfiducia, alla scarsità di risorse economiche, allo svantaggio socioculturale o all’assenza di un efficiente Stato sociale. Al contrario: le analisi dimostrano che si tratta di un’evidenza associata alle grandi aree metropolitane e a quella che il
sociologo Richard Florida ha efficacemente definito la nuova ‘classe creativa’ composta da soggetti generalmente benestanti sempre meno interessati alle forme tradizionali di aggregazione sociale (la famiglia, le chiese, le scuole, i partiti). La scelta di non avere figli, dunque, sarebbe legata a un cambiamento strutturale di diversa matrice: quello che Francesco D’Agostino, Presidente onorario del Comitato nazionale di Bioetica, ha individuato nella graduale perdita di una dimensione antropologica, vale a dire il valore della ‘familiarità generativa’. In un orizzonte sociale caratterizzato dalla secolarizzazione e dal relativismo, in altre parole, rinunciare al matrimonio o ad avere figli sarebbe una decisione – sostiene D’Agostino – “radicalmente individuale, socialmente
insindacabile e soprattutto priva di ogni rilevanza etica, sia pubblica, sia privata”. Il volto complesso della post-modernità, dunque, avrebbe i connotati e la fisionomia di una ‘società post-familiare’ pronta a fare a meno dei figli e ad accontentarsi di esistenze configurabili come monadi autosufficienti ed egocentrate.
Parte dalle stesse preoccupazioni il Presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Sapienza Mario Morcellini: “Suscitare un dibattito propositivo su questi argomenti è indispensabile. Occorre contrastare quella che sta configurandosi come una vera e propria ‘ideologia della denatalità’. Quest’ultima non si sarebbe affermata senza la complicità più o meno consapevole del grande
teatro della comunicazione. In molti paesi la famiglia e il suo sentiment sono quasi spariti dalla cosmologia dei temi e degli affreschi di relazioni che sia i media mainstream che quelli digitali hanno progressivamente codificato e praticato, spesso in obbedienza al politically correct. In un momento storico in cui la Next generation rischia di diventare un cluster sempre più esiguo, a fronte di un
clima culturale di paura del futuro e restrizione della fiducia, affrontare un tema così prioritario riapre il dibattito pubblico e avvia un
percorso in cui la comunicazione culturale può dare il suo contributo a curare la società italiana chiamata ad intraprendere il difficile percorso dall’emergenza al cambiamento”.
Ma il cosiddetto ‘inverno demografico’ è legato anche a fattori quali il declino del benessere economico, l’assenza di parità occupazionale e di adeguate politiche pubbliche inserite in un sistema integrato di supporto alla genitorialità, che potrà avvalersi delle opportunità offerte dal Piano Next Generation EU. Ha sottolineato questi aspetti, dopo i saluti di Eugenio Gaudio, la Rettrice
Antonella Polimeni, ricordando che l’Italia occupa, per tasso di natalità, il terzultimo posto nella graduatoria europea con previsioni
che annunciano un ulteriore calo nel 2021. Un fenomeno – è stato ricordato dal Presidente della Fondazione Sapienza Eugenio Gaudio – che riguarda tutto il mondo occidentale e che richiede, per la sua complessità, non solo le riflessioni e le analisi del mondo scientifico, ma anche l’intervento dei decisori pubblici. Se l’Italia – ha aggiunto – è il secondo paese più vecchio al mondo, è
urgente contrastare la caduta della natalità anche ridisegnando i modelli sociali della contemporaneità e lasciando uno spazio maggiore alla cura della famiglia. Sulla colpevole timidezza della politica si è soffermato a più riprese Antonio Polito, sottolineando come l’Italia abbia saputo, nel passato, superare cambiamenti e crisi collettive dando prova di resilienza e capacità di reazione.
Gian Carlo Blangiardo ha delineato il profilo statistico della denatalità prima e dopo il Covid, proponendo un’analisi comparativa con la Francia e altri paesi europei e sottolineando come il calo delle nascite sia legato anche al crollo della nuzialità. Il fenomeno è di lunga durata: dal 2009 al 2020 – ha evidenziato Blangiardo – la caduta della natalità non ha conosciuto soluzioni di continuità.
Alessandra De Rosa e Carla Collicelli si sono soffermate sui cambiamenti del modello riproduttivo e sugli ostacoli legati al peso
dell’incertezza che caratterizza gli scenari attuali. Elaborare ‘progetti di famiglia’ basati su legami stabili è sempre più difficile, ma si
tratta – è stato osservato – di un trend che, pur essendo stato aggravato dalla crisi pandemica, va ricondotto alle caratteristiche
ormai ‘strutturali’ di una ‘società liquida’ e ‘a-generativa’, come dimostrano gli esiti delle più recenti ricerche dell’Istituto Toniolo e
della Fondazione Donat Cattin. Il Ministro Elena Bonetti, infine, ha sottolineato l’urgenza di politiche attive di welfare che liberino
opportunità, attivando processi di investimento economico e sociale: è questo lo spirito e il fine del Family Act, ha aggiunto il
Ministro, aggiungendo che solo la strutturalità e la sistematicità delle decisioni pubbliche possono rappresentare la risposta non
assistenzialistica né paternalistica all’incertezza, alla paura e alle criticità che caratterizzano l’attuale fase storica.
625 visualizzazioni, oltre 200 partecipanti solo in collegamento e un altissimo numero di interventi e domande in chat: questo lo
straordinario bilancio del primo incontro.
Le iniziative culturali della Fondazione Roma Sapienza si svilupperanno lungo il 2021 secondo un palinsesto di incontri pubblici
approvato dal Consiglio Scientifico su proposta del Presidente. Per tutti gli eventi sono previste collaborazioni con soggetti e
istituzioni esterne, incluse testate e reti informative.

Federica Sbrana