Cambiare la prospettiva e il punto di osservazione sul mondo per vederlo e conoscerlo meglio. Mettere in campo la
creatività e la fantasia per continuare a credere nella possibilità della metamorfosi del reale. Navigare controcorrente per
abbattere i conformismi e denunciare ogni forma di ingiustizia. Era la filosofia di Gianni Rodari, che ha insegnato e
continua ad insegnare a intere generazioni di bambini e adulti come dare un’anima alle cose per sconfiggere la banalità
e l’ovvietà della materia. Forte di uno splendido connubio di ironia e genialità, che lo portava a scrivere – senza stancarsi
mai – fiabe, racconti e filastrocche, Rodari nel 1970 conseguì il Premio Andersen, un equivalente del Nobel per la
letteratura per l’infanzia. Si partiva sempre dalla realtà, nelle storie di Rodari, ma si finiva poi nella surrealtà metafisica
del fantastico, esterrefatti per non aver perso – in questa magica transizione – la concretezza del quotidiano. Gianni
Rodari, però, fu anche giornalista: i suoi esordi erano stati nella redazione milanese dell’Unità, nel 1947, poi a Paese
Sera, al Corriere dei Piccoli e in diverse altre testate. Lo ricorda Paolo Gatto nel suo bellissimo ritratto di Rodari da poco
pubblicato su “Giornalisti europei”. Intervistando Pino Boero, Docente presso il Dipartimento di Scienze della Formazione
dell’Università di Genova, Paolo Gatto ricorda come Rodari sapesse sempre provocare i bambini “stimolando la loro
immaginazione, usandola come strumento di conoscenza della realtà, di formazione critica e di ‘istruzione responsabile’”.
Con un’attenzione speciale dedicata agli ‘invisibili’ e agli ‘ultimi’ della vita e della storia.
Cento anni dalla nascita, quaranta dalla scomparsa, cinquanta dal Premio Andersen: i motivi per celebrare la figura di
Rodari nel 2020 ci sono tutti. Peccato che il Covid abbia costretto ad annullare buona parte degli eventi in programma,
che sono stati inseriti nell’agenda del 2021 in un inedito ‘Ri-centenario’, come è stato definito proprio dal Prof. Boero,
Vicepresidente della Fondazione che gestisce il Parco della Fantasia di Omegna, la città – come è noto – che ha dato i
natali al ‘Maestro della fantasia’. Nell’intervista di Paolo Gatto a Boero si dà conto anche della recente pubblicazione
negli Stati Uniti di ‘Favole al telefono’ (Ed. Enchanted Lion), cui seguirà presto ‘Grammatica della fantasia’, grazie a Jack
Zipes, Professore di Letteratura comparata all’Università del Minnesota: “Era un po’ il tassello che mancava – spiega
Boero – ad una dimensione mondialistica di Rodari”, nonostante la fama e il successo già largamente internazionali.
“Accade adesso, – aggiunge Paolo Gatto – in questi giorni, nell’America dalle mille illusioni e dalle infinite bugie proprie
dell’era della “post-verità” e della perdurante, insanguinata questione razziale. Rodari è in America scrittore
contemporaneo fresco, attualissimo, finanche tecnologico, percepito vivo e vegeto, “originale” come pochi altri”.
“Rodari era un giornalista di razza, – ricorda Paolo Gatto – conosceva il mondo. Era anche un inguaribile utopista, ma
sapeva distinguere le nobili aspirazioni di giustizia sociale e di bene comune condiviso, dalla misera realtà quotidiana
dura a morire”. “Lo scrittore di Omegna – scrive ancora Gatto – educava i bambini all’ottimismo, a leggere e imparare
divertendosi, a sdrammatizzare gli errori capendo però l’importanza delle regole, a cominciare da quelle grammaticali e
sintattiche senza le quali si stravolgeva o banalizzava non il testo ma il senso e la realtà insieme”.
Una vita contro l’omologazione e contro l’inerzia dei remissivi. La propria strada va cercata sempre – sosteneva Rodari –
ed è questa una delle lezioni più importanti che ha lasciato al mondo, naturalmente sotto le vesti di una indimenticabile
fiaba dedicata a un giovane gambero che un giorno decide di trovare sé stesso, al di là di quello che la società in cui vive
prospetta per lui. Determinato nel ferreo desiderio di imparare a camminare in avanti, incurante delle critiche dei membri
della sua stessa specie che tentano in ogni modo di distoglierlo dal sogno che coltiva, il giovane gambero un giorno
incontra un ‘vecchio gamberone’ che lo osserva a lungo prima di proferire il suo verbo: “Cosa credi di fare? – lo mette in
guardia – Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco che cosa ci ho
guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua piuttosto che rivolgermi la parola. Fin che sei in tempo, dà
retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio”. Il giovane gambero ascolta
educatamente e rimane in silenzio. Dentro di sé, però, continua a sognare e a pensare: “Ho ragione io”.
Rodari non cede alla tentazione di indicare ai suoi lettori il raggiungimento della meta. Non sapremo mai dove arriverà il
giovane gambero, ma sappiamo che riprese fieramente il suo cammino. “Andrà lontano? – si chiede e ci chiede Rodari
–Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora
marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno.
Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: “Buon viaggio!”.
FEDERICA SBRANA