Vomere, n. 7 del 7 Settembre 2020, terza pagina. “Prendete posto in poltrona: inizia lo psicodramma del PD”, così intitolavamo un articolo che compendiava la cartella clinica del più importante – no, scusate: a ben vedere l’unico – partito di sinistra di Marsala. Non ha una storia facile, il PD. Meno che mai quello marsalese. E, infatti, i suoi difetti genetici si palesano sin da subito nel 2015, al tempo delle primarie per individuare il candidato sindaco di Marsala; concorrevano Di Girolamo Alberto, Angileri Annamaria e Giacalone Luigi. Le vinse Di Girolamo e la cosa scatenò uno strascico di polemiche. Cinque anni dopo finisce la parentesi di Di Girolamo, con una città rattoppata e un problema chiamato immondizia.
Cosa lascia? Politicamente parlando, nemmeno le macerie. Se esistesse il reato di genocidio di partito, bisognerebbe imbastire una Norimberga tutta marsalese: in un solo colpo ha fatto fuori – con precisione millimetrica – un intero partito, 6 esponenti dello stesso e un altro big della sinistra locale. Approfondiamo schematicamente alcuni aspetti di questa elezione dei record.
1) Di Girolamo perde in tutte le sezioni, anche in quelle dove ha la residenza.
2) Per la prima volta da quando esistono le elezioni repubblicane, Marsala – città orgogliosamente di sinistra – non ha un partito di sinistra in consiglio comunale; la vicenda si ammanta di ulteriore clamorosa drammaticità sol che si pensi al fatto che il Partito Democratico, in questo esatto momento storico, non solo è la seconda forza politica del Paese, non solo è il Partito di Governo ma… è anche in rimonta in tutto lo Stivale. Solo a Marsala è riuscito ad essere annichilito. Ci vuole talento.
3) Il Partito Democratico aveva minacciato espulsioni nei confronti dei tesserati che avrebbero impegnato la competizione in liste civiche. Potevano seguire i dettami del Partito, e invece no. Invece la Hybris e la smania di ottenere un posto al sole ha fatto sì che i voti si disperdessero in ben quattro liste di dubbia utilità. Risultato? Il PD va sotto il 5%, così come “Marsala Coraggiosa”; quest’ultima vede la sua animatrice – Linda Licari – ottenere ben 800 voti (onore al merito) senza tuttavia ottenere nulla: la voglia di fare numero ha innescato tutti i paradossi di questa legge elettorale. Strappano 3 seggi solo la lista dell’ex Sindaco Di Girolamo e Cento Passi per la Sicilia. 4) Il quarto punto meriterebbe un titolo a parte, un qualcosa del tipo “Il Sicario”. Perché? Perché con un solo colpo, la strategia politica di Alberto Di Girolamo ha fatto secchi: Vito Cimiotta; Federica Meo; Luana Alagna, Calogero Ferreri, Linda Licari e pure Daniele Nuccio. Una mente sottile, raffinata e di perfidia matematica, adusa al teorema, non avrebbe saputo fare di meglio. 5) Il consiglio comunale – alla fine – è così composto: Vito Milazzo, Piero Cavasino, Lele Pugliese, Pino Ferrantelli, Rosanna Genna, Antonio Vinci, Eleonora Milazzo, Oreste Alagna, Michele Accardi, Giancarlo Bonomo, Massimo Felice Fernandez, Ivan Gerardi, Leo Orlando, Andrea Marino, Enzo Sturiano, Elia Martinico, Gabriele Di Pietra, Piergiorgio Giacalone, Vanessa Titone, Walter Alagna, Flavio Coppola, Nicola Fici, Rino Passalacqua, Alberto Di Girolamo.
A spoglio effettuato, quando ormai era chiaro che la conduzione di questa campagna elettorale “alla Cadorna” aveva portato con puntualità beffarda a Caporetto, Alberto Di Girolamo ha gestito la situazione come Sardanapalo. Come? Con due denunce ben precise. La prima, nei confronti della fazione vincente, rappresentando condotte illecite integranti la corruzione elettorale: “hanno promesso chissà quanto favori”. Andrà in Procura a denunciare? La seconda, accusando il PD, che non l’ha sostenuto. Il PD non l’ha sostenuto, dice lui. Il PD, che è quel partito che con la forza della disperazione ha trascinato a Marsala i Ministri Peppe Provenzano e Francesco Boccia, il Capogruppo alla Camera Graziano Delrio, poi ci sono stati gli endorsement dell’On.le Pietro Bartolo e della Coordinatrice Nazionale Donne Democratiche Cecilia D’Elia. Mancava solo Padre Pio, ma è lecito supporre che neanche il Santo di Pietralcina avrebbe potuto fare granché per raddrizzare la rotta. O, magari, in fondo Alberto Di Girolamo ha ragione: il PD – specie quello locale – gli ha voltato le spalle. Magari è pure vero. Però a questo punto occorre chiedersi anche cosa ha fatto Alberto Di Girolamo al PD lilibetano. Eh sì, perché è almeno dal 2017 che si registrano malumori e lettere aperte che denunciano la repressione del dissenso all’intero del Partito. Dissenso, questo, che alla fine ha portato al suo annichilimento completo.
Ma una speranza resta. Vedete: si dice sempre che, a sinistra, si scannano fra di loro ma poi votano compatti. Questa volta, però, il dissenso s’è fatto sentire con la forza del fallimento; prova, questa, che dimostra la presenza di forze sane e teste pensanti che rifiutano la qualifica di truppa cammellata. E allora, forse, proprio da queste ceneri può rinasce un PD vero, serio e – cosa di cui più che mai abbiamo bisogno – marsalese. Una cosa, però, è imprescindibile: eliminare con il cauterio la dirigenza miope e inadeguata. Da questo punto di vista, la promessa di abbandonare la politica, da parte di Alberto Di Girolamo, costituisce una speranza per la Sinistra marsalese. Se non altro, sortirà l’effetto benefico della potatura.