Perché il poderoso progetto di aiuti economici annunciato dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, possa diventare realtà, occorre che l’approvino all’unanimità i 27 Paesi membri del Consiglio Europeo.
Ad oggi, questa unanimità non c’è per il blocco costituito dai Paesi del Nord Europa.
Al di là delle ragioni, più o meno condivisibili, del rifiuto opposto dai Paesi cd. frugali alla approvazione del piano di aiuti economici (almeno nei termini formulati dalla Commissione Europea), ormai sono in molti a pensare che sia necessario – se non urgente – rivedere la norma che concede a ciascun Paese il diritto di veto.
Da tempo è chiaro che il potere di veto, impedisce agli Stati di raggiungere accordi in tempi ragionevoli su questioni di vitale importanza, paralizzando, di fatto, il processo decisionale Europeo.
Così per il veto opposto da Svezia, Lituania, Lussemburgo e Olanda, non è stato mai possibile metter mano al problema dei diversi regimi fiscali vigenti in ciascun Paese. Allo stesso modo, quando si è trattato di dividersi equamente le responsabilità in tema di immigrazione, il veto dei Paesi ex sovietici, ha impedito soluzioni ragionevoli e condivise in tema di sbarchi.
Adesso il veto dei paesi del nord Europa rischia di procurare un danno irreparabile alle economie dei Paesi messi in ginocchio dalla pandemia, Italia e Francia in testa; sicché è sempre più diffusa nell’Unione la tentazione di tagliare il ramo sul quale, loro, i cd. frugali, sono comodamente seduti.
Sergio Gerardi