Mentre il mondo politico scende in campo per trovare un’efficace interlocuzione con Alitalia, nel tentativo di ‘riagganciare’ il vettore nazionale alle rotte estive da e per Trapani, si apre un altro fronte che rischia di penalizzare la ripresa del
traffico passeggeri e di ritardare la ripresa del settore turistico.
Tutto ruota intorno a due articoli del Decreto “Rilancio”, il 198 e il 203, che nell’istituire il ‘Fondo di compensazione danni’ al settore aereo dopo l’emergenza Covid, fissano come requisiti per l’accesso ai finanziamenti, criteri e trattamenti
retributivi ‘non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale’. La reazione delle compagnie low-cost è
stata immediata. Ryan Air, che domina in Italia con 40 milioni di passeggeri (quasi il doppio di Alitalia) ha parlato attraverso l’Amministratore delegato Michael O’ Leary, che ha attaccato il governo italiano con una nota stampa in cui si
critica aspramente il ricorso ai tre miliardi di aiuto ad Alitalia: “Non vogliamo, né riceveremo, aiuti di Stato – ha affermato O’Leary – ma il Ministro De Micheli ha il dovere legale di garantire che sussistano le condizioni di parità per la
concorrenza delle compagnie aeree in Italia, e ciò non può essere fatto imponendo l’alto costo di Alitalia ad altri vettori o aeroporti che non riceveranno 3 miliardi di euro di sussidi statali come Alitalia”.
Il Ministro Paola De Micheli ha risposto ribadendo che non c’è nessuna intenzione da parte del Governo di danneggiare le compagnie low cost nell’operazione di rilancio di Alitalia e che nel Decreto “sono state scritte regole puntuali per tutti
perché la concorrenza, anche nel settore aereo e nel mercato italiano, è importantissima”.
Ma le low cost – Blue Air, easyJet, Norwegian, Ryanair, Volotea e Vueling – minacciano di rinunciare al mercato italiano nel caso di situazioni troppo sbilanciate in favore di Alitalia.
Una prospettiva che penalizzerebbe l’intero settore, a cominciare dagli aeroporti con cui le low cost hanno da sempre lavorato. “Scegliendo di volare su aeroporti minori, come Trapani e Comiso, grazie ad accordi di co-marketing, le
compagnie aeree low-cost hanno contribuito a sviluppare una cultura d’impresa legata alla valorizzazione del territorio. –
ha dichiarato l’Assessore regionale ai Beni Culturali Alberto Samonà – È una realtà che non si può sottacere e alla quale la Sicilia non può e non intende rinunciare”.
“Il permanere degli articoli 198 e 203 del Decreto «Cura Italia», con cui il Governo Conte chiede alle compagnie aeree di adottare il contratto nazionale collettivo di Alitalia per accedere agli aiuti del Fondo di ristoro del settore aereo, creerebbe
una forte discriminazione e sarebbe fortemente penalizzante per la Sicilia. Studi di settore – ha sottolineato Samonà –
evidenziano, infatti, come ogni milione di passeggeri ha la capacità di generare mille posti di lavoro nell’indotto. Ed è innegabile che una provincia come Trapani, fino a qualche anno fa fuori dai circuiti turistici, è solo grazie alle compagnie
low-cost che ha avuto l’opportunità di esplorare le proprie potenzialità e costruire una cultura imprenditoriale basata sulla valorizzazione del patrimonio ambientale, archeologico e monumentale, sulla feste tradizionali, sulla cucina, sui festival”.
“La Sicilia è un’isola; ovvio che il primo problema sia quello legato alla connettività, ai collegamenti, soprattutto quelli aerei. – ha aggiunto l’Assessore Samonà – Qualsiasi politica che favorisse una contrazione dei voli – legata all’aumento dei prezzi o alla riduzione delle tratte volate – finirebbe per rappresentare una chiara volontà di compromettere
irrimediabilmente lo sviluppo economico della Sicilia”.
F.S.